Milano, 13 gennaio 2018 - Caldo record in Italia, Lombardia compresa, in questi primi giorni del nuovo anno. C'è stato un brusco innalzamento delle temperature, fino a livello primaverile, che è piuttosto anomalo per il mese di gennaio. A Milano si stanno infatti registrando temperature medie di circa 8-10 gradi, anche al mattino o la sera. Il meteo sta proprio cambiando? Sembra di sì. E così, è impossibile non ripensare a cosa accadde in questi giorni 33 anni fa, nel 1985. Uno scenario opposto. Proprio il 13 gennaio eravamo alle porte di quella che poi è diventata famosa per gli abitanti del Nord come la più grande nevicata del ventesimo Secolo (così famosa da essere anche menzionata in Wikipedia ndr). Un'ondata di freddo eccezionale che capovolse le sorti dell'inverno 84-85 fino ad allora risultato mite e poco perturbato.
Quattro giorni di una nevicata ininterrotta fino al 17 gennaio. In oltre 72 ore, caddero tra i 70 ed i 90 cm di neve. Il totale della coltre bianca caduta raggiunse livelli record: 20 centimetri a Genova, 30 a Venezia, 40 a Padova e Treviso, 50 a Udine e Vicenza, 60 a Biella, 80 a Bologna, 110 a Como, 122 a Varese, da 130 a 150 cm a Trento. A Milano, dopo 4 giorni e 3 notti di nevicata, il manto nevoso arrivava fino a 90 cm. Nevicò addirittura a Cagliari e in tutta la Sardegna. Non solo, si verificarono temperature siberiana sin dopo l’Epifania, con picchi negativi fino a -10° C.
Milano restò bloccata per tre giorni, con le strade invase da bambini in slittino e buontemponi con gli sci. Alcune strade furono nuovamente rese agibili al traffico dopo l'intervento dei carri armati della caserma Perucchetti, ubicata entro la città, per cercare di liberare le strade principali urbane schiacciando e spostando la neve. Vennero impiegati 650 militari di leva del terzo battaglione trasmissioni Spluga, del reggimento artiglieria a cavallo "la Voloire", del terzo battaglione logistico di manovra Bersaglieri della brigata Goito,[7] secondo battaglione bersaglieri "Governolo" (Legnano), tutti acquartierati in caserme entro la città o nei dintorni. Solamente le automobili con le catene montate sulle ruote erano in grado di circolare per le strade cittadine; la rampa di salita sul ponte della Ghisolfa venne bloccata per ore, causa la sbandata di un autoarticolato scivolato sulla neve depositata sul manto stradale.
Per il carico eccessivo della neve, crollò il tetto del velodromo Vigorelli, mentre il nuovo palazzo dello sport (costruito nove anni prima, vicino allo stadio di San Siro), venne completamente distrutto e mai più ricostruito. I tetti di molti altri edifici pubblici e privati crollarono a causa del peso della neve accumulata, tra cui uno dei due padiglioni palestra della scuola del Sole, nel parco Trotter, mentre lungo le strade abbondavano i rami degli alberi che avevano ceduto per l'accumulo nevoso.
In Lombardia le scuole restarono chiuse per una settimana, tranne a Milano, dove vennero aperte prima. L'esercito intervenne per le principali arterie del centro, le vie minori non poterono essere sgomberate costringendo gli studenti (in molte zone della città) a recarsi a scuola con difficoltà, anche perché per rimuovere la neve dalle strade erano stati forzatamente utilizzati mezzi non specifici (ad es. gli escavatori) che l'avevano accumulata in alcuni punti dei marciapiedi, o tra le strade e i marciapiedi, rendendo ancor più difficile la circolazione del pedoni e i loro attraversamenti delle strade. L'amministrazione comunale milanese venne accusata di non aver provveduto a compilare in autunno la lista degli spalatori di neve occasionali da mobilitare per le emergenze neve; a tale accusa venne risposto che al solito appello annuale non vi era stata adeguata risposta di potenziali spalatori. Gli accumuli della neve, raccolta entro il centro urbano da vari autocarri, vennero scaricati in campi periferici alla città, dove resistettero fino a fine primavera, annerendosi sempre più col passare del tempo a causa dell'inquinamento cittadino.