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Omicron, la variante misteriosa: ora è caccia alle sue sorelle

Lo studio condotto in Gran Bretagna dall'italiano Livio Fenga: "Raccogliere le sequenze genetiche è il primo passo per prevenire l'arrivo di nuove varianti del Covid"

Variante Omicron

Roma, 1 febbraio 2022 - Rapidissima e silenziosa nel diffondersi, forte di 50 mutazioni alcune delle quali mai viste, la variante Omicron è ancora un mistero ed è caccia ai dati capaci di chiarire se e quanto le sue tre sorelle (chiamate BA.1, BA.2 e BA.3) le somiglino. In questo momento le domande riguardano soprattutto la BA.2, identificata anche in Italia, e raccogliere le sequenze genetiche è il primo passo per inseguirla nel suo cammino. I primi segnali del suo arrivo erano stati previsti già in dicembre grazie allo studio statistico, condotto in Gran Bretagna dall'italiano Livio Fenga, e lo stesso metodo potrebbe permettere di giocare d'anticipo sulla pandemia, prevedendo l'arrivo di nuove varianti.

I sintomi della variante Omicron
I sintomi della variante Omicron

"La presenza, in Italia, della nuova variante che si stava diffondendo dalle regioni settentrionali era stata individuata già alcune settimane fa, molto prima dell'identificazione della sequenza genetica", rileva Fenga, dell'università britannica di Exeter. "Strumenti di analisi come questi - aggiunge - sono molto importanti per riuscire a giocare d'anticipo sull'arrivo delle nuove varianti". Ottenere le sequenze genetiche è l'altra arma importante nella caccia alla variante Omicron e alla sua famiglia, ma nel mondo non tutti seguono lo stesso ritmo. Le linee guida internazionali indicano che si ha un quadro realistico dell'epidemia in un Paese ottenendo le sequenze genetiche per il 5% dei casi positivi. In Italia "solo due Regioni sequenziano il 5% dei propri positivi al Sars-Cov-2: la Campania e l'Abruzzo", indica un'elaborazione a cura dei ricercatori del laboratorio di genomica integrata dell'Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Pozzuoli. In Italia, inoltre, "la raccolta dei dati è affidata alle singole Regioni, che si sono organizzate in modi molto diversi", osserva il coordinatore della ricerca, il biologo molecolare Davide Cacchiarelli, dell'Università Federico II di Napoli. Il ministero della Salute ha intanto predisposto una nuova indagine rapida per comprendere la presenza delle varianti del virus in Italia.

Si lavora poi per ricostruire l'origine di Omicron, ma nemmeno questa strada è semplice. Per esempio, è un mistero l'assenza di legami fra Omicron e le varianti che l'hanno preceduta, come Alfa e Delta: "sembra uscita dal nulla", dicono gli esperti. Capire l'origine di Omicron potrebbe aiutare a scoprire in quali condizioni potrebbero formarsi nuove varianti e forse a prevenirle. Tanto che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha istituito a gennaio il gruppo di lavoro sulle Origini dei nuovi patogeni e nelle prossime settimane è atteso un primo rapporto. Sull'analisi delle mutazioni partono anche i primi studi sulla virulenza della Omicron, come quello pubblicato sulla rivista Microbial Pathogenesis da Ali Adel Dawood, dell'Università irachena di Mosul, secondo cui l'aumento della frequenza delle mutazioni della Omicron può far aumentare la risposta immunitaria e ridurre la virulenza del virus. Una nota positiva arriva infine dall'Italia, dove la ricerca dell'Irccs Ospedale San Raffaele pubblicata su Nature Immunology ha individuato una molecola attiva nella prima linea del sistema immunitario che riconosce e blocca la proteina Spike di ogni variante del Covid, Omicron inclusa.