MARIO CONSANI
Cronaca

Pomarici, una vita da pm in prima linea "senza passi felpati"

«Il fratello maggiore che non ho mai avuto», lo saluta e ringrazia una storica toga milanese come Armando Spataro, ora procuratore a Torino. Lui è Ferdinando (per tutti Enrico) Pomarici, una vita da pm in prima linea e da pochi giorni in pensione

Armando Spataro e Ferdinando Pomarici in un’aula del tribunale di Milano

Milano, 30 dicembre 2015 - «Il fratello maggiore che non ho mai avuto», lo saluta e ringrazia una storica toga milanese come Armando Spataro, ora procuratore a Torino. Lui è Ferdinando (per tutti Enrico) Pomarici, una vita da pm in prima linea e da pochi giorni in pensione. Personaggio schivo e poco disposto a interviste e apparizioni sui media, «pubblico ministero dalla mente libera, che non conosce la politica dei passi felpati e che proprio questo ha pagato, nonostante tutta una vita da p.m. trascorsa nella Procura di Milano e nonostante quello che ha dato alla storia di questo Paese», scrive Spataro nella lettera inviata a tutti i colleghi milanesi. In quelle righe le tappe più importanti della vita professionale di Pomarici, primo magistrato, a metà anni ’70, che occupandosi di sequestri di persona ideò il tanto criticato (ma efficace) blocco dei beni che impediva ai famigliari il pagamento di un riscatto.

E poi gli anni di piombo con l’impegno nell’Antiterrorismo e le polemiche politiche seguite alla scoperta del “covo” B.R. di via Monte Nevoso nel ’78 e molto più tardi, quando da un’intercapedine nel muro comparvero carte inedite del sequestro Moro. E ancora il difficile ruolo di accusatore al processo per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, ancora una volta bersaglio di critiche politiche cui Pomarici mai replicò. E in seguito l’Antimafia milanese e le prime importanti inchieste sulla malavita organizzata trapiantata al Nord, fino all’ultima indagine scottante insieme a Spataro sul sequestro dell’imam Abu Omar da parte di uomini Cia e Sismi. Pomarici «uomo e magistrato leale - conclude Spataro - che crede nel lavoro di squadra (quello vero, ben diverso da quello solo declamato), che mai ha recitato il mantra sui “poteri forti” e sulla “solitudine” del magistrato; che ride, prima di strapparle, delle lettere anonime minacciose che riceve e che pure servono alla costruzione di ben note ed adorate icone». Pomarici che anni fa, quando per l’unica volta si candidò a guidare la Procura milanese, al Csm venne battuto da Edmondo Bruti Liberati. Mario Consani