Per la prima volta a memoria d’uomo, a causa della siccità che sta prosciugando i fiumi, il mare ha risalito il Po per oltre 30 chilometri dalla costa. Molte zone agricole non possono utilizzare l’acqua dei canali perché il sale brucerebbe i campi rendendoli aridi, mentre diversi paesi sono stati costretti ad installare dissalatori negli acquedotti. Ma il rischio peggiore è che l’acqua salata invada le falde acquifere, creando delle micro-desertificazioni nelle zone del delta del Po.
L’invasione delle acque salmastre è stata rapidissima: il 19 giugno, il cuneo salino – cioè il punto in cui l’acqua del mare risale il corso di un fiume – era a 20 chilometri dal Mar Adriatico, appena dieci giorni dopo è arrivato a 30 chilometri.
“Finché il livello di salinità è limitato, le acque sono ancora utilizzabili”, spiega Stefano Calderoni, presidente del Consorzio pianura di Ferrara. “Purtroppo, i livelli stanno crescendo e diversi impianti sono stati spenti. A Porto Viro, un comune di 14 mila abitanti, è stato installato un desalinizzatore mobile per rendere le acque potabili”.
La ritirata delle acque dolci ha già modificato gli equilibri ambientali. “Le alghe marine – racconta Calderoni – stanno proliferando per il mancato ricircolo dell’acqua e sottraggono ossigeno alle coltivazioni di cozze e vongole. Si stanno già verificando morie di massa”.
Ma niente di tutto questo è grave quanto il pericolo che il sale contamini le falde acquifere. Calderoni è preoccupato mentre spiega il fenomeno: “La pressione idrostatica del mare spinge nell’entroterra verso le lingue di sabbia e, quindi, dentro il terreno, arrivando ai bacini sotterranei”. In altre parole, l’aggressione alle acque necessarie all’agricoltura e alla popolazione arriva sia dalla superficie che dal terreno.
“Se la contaminazione delle falde si allargasse – aggiunge l’esperto – servirebbe moltissimo tempo per ristabilire l’equilibrio. Anche perché dalle falde, il sale tende a risalire, bruciando tutto quello che trova”. Intere zone oggi fertili rischiano fenomeni di desertificazione e inaridimento. Ci sono già delle aree nella Valle del Mezzano dove le culture sono letteralmente bruciate a causa del sale risalito dalle falde.
Per affrontare la calamità, si cercano soluzioni innovative. I tecnici del Consorzio di Ferrara hanno immaginato di “riciclare” una parte di acqua destinata al mare, installando una serie di pompe provvisorie che sollevano acqua dalle zone terminali dei canali di scolo per reimmetterla in circolo nella rete di canali vicina destinata all’agricoltura. Sono state così installate dieci pompe provvisorie che hanno permesso di recuperare già oggi 510 milioni di litri al giorno, con la possibilità di arrivare a pieno regime a 800 milioni di litri al giorno. Se la situazione peggiorasse, difficilmente sarebbe sufficiente, ma è un passo nella direzione giusta. Uno sforzo dell’ingegno umano di fronte alla difficoltà.
“La mia speranza – conclude Calderoni – è che passata la crisi il Governo investa in infrastrutture in grado di tutelarci dai fenomeni di siccità che ci colpiscono con sempre più frequenza e forza. Spero che tutto non venga dimenticato alle prime piogge”.