Roma, 1 aprile 2021 - Quarant'anni fa nasceva ufficialmente la Polizia di Stato. Il primo aprile del 1981 infatti veniva approvata la legge 121 che rifondava il sistema della sicurezza del nostro Paese, trasformando il Corpo delle guardie di pubblica sicurezza in Polizia di Stato, la prima forza di polizia ad ordinamento civile. Nasceva così una polizia moderna, “smilitarizzata” e caratterizzata da una forte identità civile. Inoltre la riforma aveva conferito al ministro dell’Interno la funzione di Autorità nazionale di Pubblica sicurezza e al prefetto e questore quella di autorità provinciali, rispettivamente con competenza generale e tecnico-operativa per la gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica. E ancora, aveva introdotto il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, a capo del quale è stato posto il capo della Polizia. Altro tema, quello delle donne: venne riconosciuta la parità di trattamento economico, di carriera e di funzioni e fu introdotta la figura dei sindacati di polizia.
Le donne
Il primo marzo del 1962 è una data storica: comparvero le quote rosa in polizia. Entrarono in servizio le prime ispettrici appartenenti alla carriera direttiva del nuovo Corpo di polizia femminile, istituito con legge numero 1083 del 7 dicembre del 1959, creato su indicazione dell’allora capo della Polizia Giovanni Carcaterra. Quattro mesi dopo furono affiancate dalle assistenti di polizia, appartenenti alla carriera di concetto dello stesso Corpo. Le poliziotte, assegnate a uffici come quello di Polizia femminile, la Sezione minori o le Squadre buoncostume delle questure, avevano incarichi specificiche riguardavano il contrasto dei reati nei confronti di donne e bambini, reati contro la moralità pubblica e a sfondo sessuale. Spesso le prime poliziotte venivano impiegate anche per la tutela del lavoro minorile e femminile, le indagini e gli atti di polizia giudiziaria che riguardavano le stesse categorie di persone, nei confronti delle quali svolgevano compiti di vigilanza e di assistenza per i provvedimenti di polizia (se i minori erano in stato di abbandono morale e sociale, come il contrasto all’evasione scolastica).
Bisogna ricordare anche l’impiego massiccio della polizia femminile in occasione di calamità naturali: ispettrici e assistenti per la prima volta intervennero per il terremoto nella valle del Belice (1968), di Tuscania (1971), di Ancona (1972) e in quelli, disastrosi per numero di vittime, del Friuli (1976) e dell’Irpinia (1980).
Poteri e mansioni particolari quelli delle prime donne in divisa, ma anche limitati. Per il raggiungimento della parità con i colleghi uomini, decisiva è stata l’entrata in vigore, alla fine del 1977, della cosiddetta “legge Anselmi” che vietava qualunque discriminazione, anche indiretta, fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, in qualunque settore o attività professionale. Un percorso articolato e complicato quello relativo alla parità di genere. Ma è con la legge 121 dell'81 che si dispone lo scioglimento del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza e del Corpo di polizia femminile stabilendo che il relativo personale, confluisse nei ruoli del personale della Polizia di Stato.
Cade così l'ultima barrierA: la riforma aveva così sancito la piena equiparazione tra personale femminile e maschile, con parità di attribuzioni, funzioni, trattamento economico e progressione in carriera. Questa “rivoluzione rosa” aprì la strada, con la legge numero 380 del 20 ottobre 1999, all’ingresso delle donne in tutte le forze armate. Oggi, nella Polizia di Stato – conclude il prefetto – circa quindicimila donne sono impiegate in tutti gli ambiti operativi, tecnici e dei sanitari, ricoprendo tutte le qualifiche. Da pochi mesi, per la prima volta, una donna è diventata vice capo vicario della Polizia.
I sindacati
Nel corso degli anni ‘70 sull’onda della crescente sindacalizzazione della società italiana, i movimenti democratici rivendicativi di spazi di libertà finirono per coinvolgere anche le forze armate e, in particolare modo, la Polizia per la quale si richiedeva oltre alla smilitarizzazione, anche il riconoscimento della rappresentanza sindacali. Sotto questo punto di vista la legge 121 ha rappresentato un ulteriore tassello nel processo di democratizzazione dell’Italia: fino a quel momento, infatti, il sindacato restava escluso del tutto dalla struttura militare della pubblica sicurezza. La legge del 1981 prevede l’imparzialità: i sindacati di polizia non possono aderire, affiliarsi o avere relazioni di carattere organizzativo con altre associazioni sindacali. Questo al fine di evitare una politicizzazione dello strumento sindacale.