NICOLA PALMA
Cronaca

I portabici montati sulle auto? Fuorilegge. La direttiva del ministero blocca i viaggi dei ciclisti in vacanza

Milano, le nuove norme del Mit per portabici e portasci: «Ingombranti e pericolosi nel traffico». Altezza, lunghezza, larghezza: limiti più stringenti e controlli in Motorizzazione. Respinto il ricorso al Tar di 9 aziende: “Cittadini discriminati”. I giudici: dispositivi superflui

Un portabici montato su un'auto

Un portabici montato su un'auto

Milano – Ironia della sorte, o meglio della giurisprudenza: la sentenza che rischia di mettere fuorilegge decine di migliaia di portabici da auto è arrivata a fine agosto, quando ormai la stragrande maggioranza degli italiani ha finito o sta per finire le vacanze estive. Cambia poco: il problema resta eccome per chi ha speso cifre considerevoli per trasportare in sicurezza la sua due ruote. Due giorni fa, il Tar del Lazio ha respinto il ricorso – presentato da nove società di produzione, rivendita e installazione di accessori per veicoli – contro la circolare numero 25981 del Ministero dei Trasporti che un anno fa ha aggiornato “caratteristiche e modalità di installazione delle strutture portasci e portabiciclette applicate a sbalzo posteriormente o sul gancio di traino a sfera sui veicoli di categoria M1”, vale a dire quelli di uso comune fino a un massimo di 8 posti a sedere.

Con quella direttiva, i tecnici del Mit hanno fissato le condizioni di lunghezza (non superiore a 1,20 metri), larghezza (non superiore a quella dell’auto con il limite massimo di 2,35 metri) e altezza (non superiore a 2,5 metri) dei portabici da applicare “a sbalzo” al portellone del bagagliaio o al gancio traino. Inoltre, il Ministero ha introdotto un ulteriore passaggio: quello che prevede visita e prova alla Motorizzazione civile (con aggiornamento della carta di circolazione) nel caso in cui il montaggio comporti la parziale ostruzione di targa o fanali. A quel punto, le ditte specializzate si sono rivolte al giudice amministrativo, sostenendo la nullità degli atti firmati dal direttore generale del Dipartimento della Mobilità sostenibile (“Non ne aveva il potere”, la tesi) e aggiungendo che le nuove regole sarebbero discriminatorie nei confronti dei cittadini italiani, “assoggettati a limitazioni della circolazione da cui sarebbero esclusi gli altri cittadini europei”.

La richiesta di sospensiva cautelare è stata respinta dal Tar nel novembre 2023, ma due mesi dopo il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto, in attesa del giudizio di merito. Che ora è arrivato: stop al ricorso e norme in vigore, a meno che il contenzioso legale non si trascini in secondo grado. Detto che il collegio presieduto da Giuseppe Sapone ha dichiarato il ricorso inammissibile per “carenza di legittimità attiva” da parte delle imprese del settore, la bocciatura è arrivata pure nella sostanza. Per i giudici, “gli adempimenti amministrativi previsti dal codice della strada e contemplati dalle impugnate circolari non si appalesano sproporzionati, in quanto funzionali a salvaguardare la sicurezza del traffico veicolare”. E ancora: “Non si appalesa limitativo della libertà di di circolazione delle persone fisiche nel territorio italiano la eventuale mancata possibilità di installazione di dispositivi portasci e portabici su un autoveicolo per ragioni tecniche legate alla sicurezza della circolazione”.

Il motivo? “Detti dispositivi non risultano funzionali al trasporto di mezzi strettamente necessari a garantire la libertà di movimento, in quanto gli sci e le biciclette non costituiscono mezzi di circolazione indispensabili per la generalità dei cittadini né svolgono una funzione ausiliatrice della deambulazione per determinate categorie di soggetti affetti da specifiche patologie motorie”. Tradotto: se ne può fare a meno. Con buona pace di sciatori e ciclisti.