DANIELE DE SALVO
Cronaca

Pronto soccorso lumaca in Lombardia: anche dodici ore in coda prima di venire visitati. Como e Pavia i più lenti

L’indagine di Cisl e Bibliolavoro dà i voti ai reparti di emergenza lombardi Le persone intervistate promuovono la professionalità degli operatori sanitari Sono però giudicati inaccettabili i tempi di attesa, anche 48 ore, per il ricovero

Un pronto soccorso

Un pronto soccorso

Milano – Prima di essere visitati in un pronto soccorso lombardo possono volerci fino a 12 ore, ma per essere ricoverati si può arrivare ad aspettare anche due giorni. È quanto emerge da un’indagine sul servizio sanitario in Lombardia svolta dai sindacalisti della Cisl con i ricercatori di Bibliolavoro, il loro centro studi, interpellando quasi 12mila iscritti. Mediamente i pazienti devono attendere 3 ore e mezza prima di essere visitati da un medico di guardia, mentre per un posto letto libero nei reparti in caso di necessità di ricovero, bisogna pazientare 8 ore e mezza. Nei pronto soccorso delle province di Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Mantova, Milano e Pavia il per essere visitati possono occorrere fino a 12 ore, mentre per un ricovero d’urgenza nelle province di Brescia, Como, Milano, Pavia e Varese ci possono volere fino a due giorni.

Per fortuna si tratta dei casi limite, le medie tuttavia sono comunque alte: 4 ore nei pronto soccorso della provincia di Bergamo, 3 di Brescia, 5 di Como, quasi 3 di Cremona, più di 3 di Lecco, 4 di Lodi, 3 ore e mezza di Mantova, 4 e mezzo di Milano, 5 di Pavia. I più fortunati sono i pazienti dei pronto soccorso di Monza e Brianza, Sondrio e Varese, dove le attese mediamente variano da 2 a 2 ore e mezza. Se il giudizio di quanti vengono assistiti nei pronto soccorso è ampiamente sufficiente sulla professionalità degli operatori sanitari, la loro capacità relazionale e anche l’adeguatezza dei reparti, quello sui tempi di attesa invece non può che essere da bocciatura.

Ma i tempi per ricevere cure adeguate si sono dilatati ovunque, non solo nei pronto soccorso, almeno con la sanità pubblica. Vale per le visite, gli accertamenti diagnostici, i ricoveri programmati, l’assistenza domiciliare. Chi può si rivolge così a professionisti di strutture private per fare prima. Non tutti però possono permetterselo. In 6 su 10 così rinunciano a curarsi. Quasi 4 visite specialistiche su 10 vengono erogate proprio in studi e cliniche private, 2 su 10 in strutture convenzionate, mentre solo 4 prestazioni ambulatoriali su 10 sono erogate in strutture pubbliche.

Più del 65% delle visite ginecologiche vengono eseguite a pagamento, il 59% delle visite dal dermatologo, il 58% di quelle ortopediche e oculistiche, e il 52% di quelle cardiologiche. I tempi massimi di attesa indicati dalle diverse tipologie di ricette del resto la metà delle volte non trova riscontro, nemmeno per le urgenze. "I dati raccolti evidenziano rinunce alle cure a causa di tempi di attesa troppo lunghi, difficoltà nell’accesso a visite specialistiche, esami diagnostici e ricoveri oltre a carenze nell’assistenza domiciliare integrata", denuncia Roberta Vaia, segretaria regione della Cisl Lombardia.