Milano, 16 ottobre 2022 - Tre volte in cinque giorni . Sei in due mesi e mezzo. Un curriculum da rapinatore seriale, abituato alla trafila di camere di sicurezza e direttissime. In realtà, Bilal in cella non ci è mai andato: di anni ne ha 12, e per legge non è perseguibile penalmente. I dati anagrafici che lo riguardano sono solo presunti, perché il giovanissimo che dice di essere sbarcato dal Marocco non ha un documento. C’è solo una certezza: l’esame osseo ha sancito che ha la struttura di un under 14. Ieri notte i carabinieri del Radiomobile di Milano lo hanno intercettato per la terza volta in 120 ore, davanti alla Centrale: aveva appena rubato la valigia a una coppia di giapponesi e stava maneggiando la videocamera che ci aveva trovato dentro; con sé aveva pure un cellulare e una carta di credito, rubati a qualcun altro.
Dopo gli accertamenti di prammatica, Bilal è stato ricollocato in una comunità. Ricollocato sì, perché qualche ora prima si era allontanato da un’altra struttura di accoglienza a cui era stato destinato dopo il colpo precedente. Vale a dire quello di giovedì, quando aveva scippato la catenina a una studentessa in corso Buenos Aires; bloccato dai passanti, aveva reagito a morsi urlando: "Uso droga e ho la scabbia". Vero: al San Paolo hanno certificato che il dodicenne è stato contagiato dalla malattia della pelle. Andando a ritroso nell’ultima rocambolesca settimana di Bilal, lo ritroviamo lunedì scorso in via Manzoni, dove ha sfilato un Rolex da 27mila euro a un turista americano stordito con lo spray al peperoncino. Comunità a Genova e fuga-lampo.
E gli altri raid? Le forze dell’ordine, che tracciano comunque i reati commessi da non imputabili (con segnalazione in Procura), ne contano almeno uno a Torino e uno (forse due) a Genova, entrambi in compagnia di coetanei: nel primo caso, a inizio agosto, ha derubato un anziano di un orologio; nel secondo, ha preso a pugno un uomo per strappargli la collanina.
La storia di Bilal è purtroppo simile a quella di tanti altri che arrivano in Italia bambini, senza genitori: solo a Milano se ne contano 1.200. "Numeri che non riusciamo a gestire, vanno redistribuiti – l’allarme dell’assessore comunale al Welfare Lamberto Bertolè –. Per un caso del genere servono interventi ad alta intensità educativa, strutture specializzate nella gestione di casi complessi: le semplici comunità non sono attrezzate. Da tempo chiediamo l’istituzione di comunità del terzo tipo tra i poli educativi e quelli prettamente sanitari. È in corso una tempesta perfetta: aumentano esponenzialmente i minori stranieri non accompagnati, diminuiscono gli educatori e calano i posti nelle strutture, la rete di assistenza è in crisi".