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Rayan, 100 ore nel pozzo: le tappe della tragedia

Dalla caduta martedì scorso alla fase finale dei soccorsi, fino al tragico quanto inatteso annuncio: il bambino è morto

Le operazioni di salvataggio di Rayan

Le operazioni di salvataggio di Rayan

Rabat, 5 febbraio, 2022 - Una vicenda che ricorda molto da vicino quella di Alfredo Rampi, per tutti semplicemente Alfredino, finito in un pozzo artesiano lungo la via di Vermicino il 10 giugno 1981, e recuperato quando il suo piccolo cuore aveva smesso di battere. Ma fino all'ultimo si era sperato che avesse un epilogo diverso, fino a  oggi pomeriggio i soccorritori erano certi di poterlo tirare fuori vivo. Ma così non è stato. Rayan,  il bimbo di cinque anni, caduto in un pozzo nel nord del Marocco, è morto in serata. Lo si apprende da una nota ufficiale dell'ufficio del protocollo del re del Marocco. Il re Mohammed VI ha telefonato ai genitori per porgere le proprie condoglianze. Ma ecco le tappe di questa tragedia che ha tenuto col fiato sospeso un intero Paese prima e il mondo poi.

Martedì 1 febbraio

Il piccolo è finito in un pozzo mentre giocava davanti casa nel villaggio di Tamrout, nel nord del Paese, a un centinaio di chilometri da Chefchauen, in Marocco.  Il bimbo ha fatto un volo di 32 metri nel pozzo asciutto di proprietà di famiglia. È pomeriggio. Con lui c'è anche il papà che poi dichiara: "Lo tenevo d'occhio ma è sparito all'improvviso, non l'ho visto più e non avevo capito che fosse caduto lì dentro". Scattano i soccorsi, arrivano i vicini, poi tutto il villaggio, tanti i volontari che si danno da fare. Un vicino di casa mingherlino tenta di calarsi con una corda. Il pozzo però a un certo punto si restringe e si riesce solo a far scendere un telefonino con la telecamera accesa. È vivo, si lamenta, chiama la mamma. 

Mercoledì 2 febbraio

Arriva la protezione civile, interviene il gruppo di speleologi professionisti di Chefchauen. In due tentano di calarsi: nulla di fatto. Si pensa di ingrandire la bocca del pozzo ma l'operazione viene giudicata troppo rischiosa. Con un tubo si fa arrivare a Rayan l'ossigeno, l'acqua, qualcosa da mangiare: è provato ma vigile, i volontari continuano a parlagli. Si cambia strategia, arrivano i bulldozer: 5 escavatori lavorano tutta la notte, senza sosta per creare una voragine parallela al pozzo e tentare di raggiungerlo con un corridoio orizzontale.

Giovedì 3 febbraio

A 40 ore dalla caduta i soccorsi aprono una voragine che raggiunge i 22 metri ma si procede a rilento per il rischio smottamenti. La vicenda fa il giro del mondo e iniziano le dirette tv. In migliaia accorrono sul luogo dell'incidente, in una gara di solidarietà senza precedenti. I volontari sono ospitati in paese, nelle case dei vicini di Rayan.

Venerdì 4 febbraio

Dopo la terza notte di scavi, l'enorme cratere raggiunge i 30 metri, in parallelo con la posizione di Rayan e iniziano i lavori per la costruzione del tunnel in una disperata corsa contro il tempo, scandita dalle difficoltà: le rocce ostacolano le trivelle, il terreno frana. Si decide di inserire dei tubi per consolidare la possibile via d'uscita. Rayan ha sete, gli danno ossigeno e cibo. In tutte le moschee del regno si prega. 

Sabato 5 febbraio

Arriva la fase più delicata, la squadra di soccorritori lavora con picconi per bucare l'ultimo masso. Alle 13.30 i lavori subiscono una battuta d'arresto, la roccia impedisce di raggiungere il bimbo. Ambulanza ed elicottero di sono pronti. Rayan si muove e via radio parla con il papà: sta bene ma respira a fatica. I soccorritori entrano nel tunnel protetto da un cordone di poliziotti e alle 17.30 l'ingegnere Murad Al Jazouli, capo dei soccorsi annuncia: "Ryan è vivo, lo tireremo fuori oggi".  Ma in serata le speranze vengono gelate da unda una nota ufficiale dell'ufficio del protocollo del re del Marocco: Rayan è morto. Il re Mohammed VI ha telefonato ai genitori per porgere le proprie condoglianze. E' la fine di un sogno, quello dei genitori di poter riabbracciare il proprio piccolo e del mondo intero di assistere a un finale diverso da quello del piccolo Alfredino.