L.B.
Cronaca

Ristoranti ai tempi del coronavirus, ecco come cambia la cena in Lombardia

In regione 50mila attività ancora ferme. Al via i lavori per ripartire: metro in mano, no ai plexiglass

Prove di distanziamento in un ristorante milanese

Milano, 10 maggio 2020 - Sono più di 50mila gli esercizi lombardi della ristorazione. Tutti fermi da due mesi, salvo una parziale ripresa per chi ha attivato delivery (consegna a casa) e take away (asporto), ammessi dal 4 maggio con l’inizio della Fase 2. L’emergenza sanitaria provocata dal coronavirus ha paralizzato commercio, turismo e servizi. Secondo Fipe-Confcommercio (la Federazione italiana dei pubblici esercizi), ogni settimana di chiusura causa a in Italia una perdita di 1 miliardo e 700 milioni. Federalberghi stima che nel 2020 il fatturato del comparto ricettivo subirà una perdita di quasi 17 miliardi di euro (‐71,4%) a livello nazionale.

A diffondere le previsioni è Confcommercio Lombardia: quest’anno - secondo l’associazione di categoria - le attività al dettaglio in Lombardia perderanno 8,2 miliardi, il 40%. A marzo, con il lockdown, i consumi sono calati del 32%, con poco più di 4 miliardi in meno spesi. Dopo la chiusura di negozi, bar e ristoranti, le attività sono al lavoro per ripartire il prima possibile. I negozi dal 18 maggio, i ristoranti a inizio giugno anche se la speranza di accorciare i tempi non è tramontata. Ma prima di ipotizzare sale e dehor, il settore chiede "di avere un rappresentante nella task force di Colao", dichiara Cesare Battisti, chef del Ratanà di Milano e segretario generale dell’associazione italiana Ambasciatori del Gusto, una delle 26 realtà (34mila associati in tutto) che hanno chiesto al Governo otto misure essenziali per la sopravvivenza del settore: cancellazione delle imposte e credito per utenze; rateizzazione dei pagamenti degli acconti Ires, Irap previste a giugno e senza interessi; proroga della cassa integrazione straordinaria per tutto l’anno; sospensione di leasing e mutui; armonizzazione delle regole per l’accesso al credito; credito d’imposta al 60% riconosciuto al proprietario fino a fine anno con 40% dell’importo a carico del locatario; detassazione su straordinari e contributi; asporto esteso a tutti; misure di sostegno a fondo perduto per il periodo di chiusura.