Brescia, 28 ottobre 2024 – Dopo la peste suina africana e la blue tongue, che dovrebbe essere in fase di calo nella stagione fredda, c’è una terza epizoozia che si abbatte sul settore sul settore zootecnico. Il ritorno dell’aviaria in Lombardia è stato certificato dall’istituto zooprofilattico, che ha confermato ufficialmente il primo caso di influenza aviaria lombardo nel Bresciano. L’aggiornamento periodico fatto dall’Istituto zooprofilattico delle Venezie evidenzia la presenza di otto focolai in Italia (al 18 ottobre) di cui la metà in Lombardia, due a Brescia e due Cremona. In base a quanto comunicato dall’UO Veterinaria della Direzione generale Welfare di Regione Lombardia, si tratta di allevamenti di tacchini per un totale di oltre 120mila animali. Già iniziate e quasi concluse le operazioni di abbattimento.
“Attorno a ciascun focolaio sono state istituite dalle Ats delle zone di restrizione (zona protezione entro 3 chilometri e sorveglianza nell’arco di 10 chilometri) dove tutte le movimentazioni di volatili e prodotti (come le uova) sono vincolate a specifiche autorizzazioni rilasciate da Regione nel rispetto di protocolli sanitari condivisi con Ministero della Sanità e altre Regioni”. Non ci sono altri casi sospetti, almeno fino ad oggi. “La situazione epidemiologica è tale da determinare un altissimo livello di attenzione ma al contempo non risulta particolarmente preoccupante. I servizi veterinari delle Ats, coordinati da UO Veterinaria, con il supporto tecnico scientifico di Izsler stanno monitorando costantemente lo stato sanitario degli allevamenti avicoli, anche grazie alla fattiva collaborazione e sensibilità degli allevatori e loro associazioni”.
Va ricordato che l’influenza aviaria non si trasmette all’uomo attraverso il consumo di uova e carne né esistono rischi per chi vive in prossimità degli allevamenti; l’uomo può invece infettarsi a seguito di contatti diretti con animali malati (vivi o morti). In generale, i virus aviari si trasmettono raramente all’uomo, ma è necessario limitarne tempestivamente la diffusione con interventi di bonifica sugli allevamenti e protezione dei lavoratori esposti per evitare che nel futuro il virus possa mutare diventando un problema anche per l’uomo.
Resta il danno per il settore, soprattutto per gli allevatori costretti ad abbattere gli animali. Nel Bresciano, secondo quanto comunicato da Confagricoltura Brescia, con le due positività sono stati abbattuti rispettivamente 32mila (il 13 ottobre) e 24mila casi (il 22 ottobre), entrambi in due allevamenti di Isorella. Fonte di contagio per il pollame sono soprattutto le anatre selvatiche: 3 i casi di positività riscontrati a Seniga, Azzano Mella e Rovato, sempre in provincia di Brescia. “Il settore - afferma il responsabile delle sezioni economiche di Confagricoltura Brescia Giovanni Bertozzi - è in forte preoccupazione, perché dopo oltre due anni si iniziava a intravedere la ripresa, in realtà mai partita del tutto, a causa dell’aumento dei costi energetici e delle materie prime. Quello avicolo è un settore in sofferenza da tempo e questi nuovi casi arrivano in un momento in cui stanno uscendo gli indennizzi del precedente periodo 2021-2022. Da ultimo, chiediamo di nuovo grande attenzione sui vaccini: nonostante gli studi, le sperimentazioni e il passare degli anni, non c’è ancora una cura definitiva, per questo sollecitiamo la prosecuzione e gli investimenti in ricerca e innovazione”.