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Sanità, il 57% dei medici in Lombardia è insoddisfatto e il 27% vorrebbe lasciare. L’incubo? Burocrazia e cause legali

L’allarme emerge da uno studio di Anaao Assomed. A pesare anche carichi di lavoro e rapporti con i pazienti sempre più difficili

Medici e infermieri in corsia (Immagine d’archivio)

Medici e infermieri in corsia (Immagine d’archivio)

Milano, 26 febbraio 2025 - Nel giorno in cui l'Ospedale Niguarda di Milano è giudicato il miglior ospedale italiano e uno dei migliori al mondo secondo la classifica “World’s Best Hospitals”, stilata ogni anno dalla rivista americana Newsweek arriva un allarme medici dall'Anaao Assomed Lombardia che denuncia camici bianchi insoddisfatti e sotto pesante stress. Un’altra faccia decisamente meno sorridente della sanità in regione. Eppure secondo Newsweek tra i primi 9 posti per l'Italia 5 ospedali sono lombardi di cui  3 pubblici e 2 privati accreditati: Niguarda, San Raffaele, Istituto clinico Humanitas, Papa Giovanni XXIII di Bergamo e Policlinico San Matteo di Pavia.

Il questionario

Secondo un questionario ad hoc proposto a 1.369 medici, il 57% dei camici bianchi in regione ritiene la situazione lavorativa insoddisfacente per la mancanza di valorizzazione del personale. Il 27% ha dichiarato di aver cambiato lavoro negli ultimi 5 anni e il 26% è intenzionato a lasciare il proprio posto nei prossimi 12 mesi. Più della metà del campione (53%) dichiara di aver considerato la possibilità di abbandonare la professione medica.  Il questionario, secondo Anaao Assomed Lombardia, è stato presentato a un campione bilanciato per sesso e rappresentativo di un'ampia gamma di età (da 25 a 74 anni), mentre l'area professionale più rappresentata è quella medica (62,4%), seguita da quelle chirurgica (23,7%) e dei servizi (16,7%). Lo studio, approvato dalla Commissione per la valutazione della ricerca del Dipartimento di Psicologia dell'università degli Studi Milano-Bicocca, è stato sviluppato da un team di professionisti di area psicologica.

La grande insoddisfazione

Dai dati emerge appunto che più della metà (57%) degli intervistati hanno lamentato insoddisfazione lavorativa per mancanza di valorizzazione del personale (34%), seguita dalla difficoltà nel mantenimento di un equilibrio tra vita privata e attività professionale (27%) e dagli eccessivi carichi di lavoro (21%). La metà del campione (49%), inoltre, ritiene che l'immagine pubblica del medico sia cambiata in peggio. Emerge, infatti, un'utenza meno disposta a fidarsi e affidarsi al professionista. Più del 60% dei rispondenti dichiara che gli assistiti considerano il medico come meno competente (70%) e disponibile sul piano umano (67%) rispetto al passato.

La paura cause legali

La quasi totalità dei rispondenti (93%) teme maggiormente rispetto al passato le conseguenze legali della propria attività professionale e l'85% concorda con il fatto che oggi i professionisti tendono a prescrivere un numero maggiore di accertamenti per timore di inadempienza.

Burocrazia da incubo

Altro fardello mal sopportato è la burocrazia. Più dell'80% dei partecipanti ritiene che le attività amministrativo-burocratiche limitino il tempo delle attività clinico-assistenziali (95%) e ne riducano la qualità (89%). Sebbene il 62% ritenga che i sistemi informatizzati siano teoricamente più funzionali rispetto al passato, solo il 40% degli intervistati conviene con il fatto che tali sistemi supportino concretamente l'attività. Il 93% ritiene che gli attuali livelli di retribuzione non siano congrui con la complessità della professione medica e circa il 61% che gli attuali parametri adottati dalle aziende per valutare l'operato del medico non siano appropriati alla tipologia di attività in questione. L'81%, invece, ritiene che i fattori di budget esercitino un'influenza negativa sull'attività clinico-assistenziale.