
Il Sancarlone di Arona, la statua più alta d'Italia
Milano, 4 novembre 2021 - Il 4 Novembre non è solo la Festà dell'Unità Nazionale delle Forze armate (giorno in cui si celebra la vittoria italiana nella Prima Guerra Mondiale, 1918), ma è anche il giorno in cui si celebra un santo milanese: San Carlo Borromeo.
Chi era Carlo Borromeo
"Carlo Borromeo, universalmente noto come San Carlo, (nato ad Arona, 2 ottobre 1538 e morto a Milano, 3 novembre 1584) è stato un cardinale e arcivescovo cattolico italiano, venerato come santo dalla Chiesa cattolica. Canonizzato nel 1610 da papa Paolo V a soli 26 anni dalla morte, san Carlo è considerato tra i massimi riformatori della Chiesa cattolica nel XVI secolo, assieme a sant'Ignazio di Loyola e san Filippo Neri, nonché anima e guida della Controriforma cattolica. Tra le maggiori riforme da lui proposte e accettate dal Concilio di Trento, vi fu l'istituzione dei seminari per la formazione e l'educazione dei presbiteri", si legge sull'enciclopedia universale online, Wikipedia.
Borromeo e la barba
Carlo Borromeo portò sempre la barba, anche se la vasta iconografia seicentesca lo raffigura spesso glabro; cominciò infatti a radersi solo nel 1576, al tempo della prima grande pese, e mantenne il volto rasato in segno di penitenza durante gli ultimi otto anni di vita.
Nipote di un papa
Nipote del papa (la madre Margherita de' Medici di Marignano era sorella di Papa Pio IV, al secolo Gian Angelo de' Medici), il Borromeo fu da lui nominato cardinale e segretario privato quando aveva poco più di vent'anni. In tale veste il giovane Carlo partecipò ai lavori del Concilio di Trento, divenendone protagonista proprio nel periodo conclusivo.
Da Roma a Milano
Dopo la morte dello zio, nel 1566 Carlo Borromeo si trasferì da Roma a Milano, attuando nella diocesi ambrosiana i dettami tridentini e vivendo in ascetica povertà. Dedicò la sua azione pastorale alla cura delle anime e alla moralizzazione dei costumi, promuovendo oltre al culto «interiore» anche il culto «esteriore» – riti liturgici, preghiere collettive, processioni – ravvivando in tal modo la fede, l'identità e la coesione sociale soprattutto dei ceti più popolari. Riformò la diocesi, nella quale la disciplina ecclesiastica era «del tutto persa», perché da quasi un secolo gli arcivescovi titolari, risiedendo altrove, l'avevano abbandonata a sé stessa limitandosi a goderne le rendite.
Borromeo, la peste e la morte
Scampato alla peste, fu comunque indebolito in salute negli ultimi suoi anni e rimase in cura costante del suo medico personale Bartolomeo Assandri. Il 2 novembre 1584, l'arcivescovo Borromeo, febbricitante e di ritorno da una visita pastorale sul Lago Maggiore, tornò a Milano scendendo il Naviglio Grande, a bordo del famoso Barchett di Boffalora. Sostò quindi a Cassinetta di Lugagnano (dove una statua lo ricorda) e a Corsico, per riprendersi dalla febbre alta, in località Guardia di Sotto e qui venne eretta un'edicola in ricordo. Proseguì quindi il viaggio verso Milano, su una lettiga. Nonostante il trasporto in barella, la febbre, sempre più alta, lo spense per sempre, all'età di soli 46 anni, la sera del 3 novembre 1584 a Milano, gli era accanto il suo collaboratore, il vescovo gallese Owen Lewis; essendo spirato dopo il tramonto (precisamente alle 20.30), secondo l'uso del tempo venne considerato il giorno 4 come sua ricorrenza.
Il Sancarlone
La figura di san Carlo Borromeo è oggi ricordata con uno straordinario monumento, unico nel suo genere: una gigantesca statua posta ad Arona sul Lago Maggiore e chiamata popolarmente Il Sancarlone per le enormi dimensioni che la contraddistinguono e che la rendono visibile anche a lunga distanza. Nelle intenzioni della città di Arona, essa avrebbe dovuto essere il culmine di un Sacro Monte a lui intitolato, ma mai completato.
La statua, alta 23 metri, in lamina di rame fissata con rivetti, su un'anima in muratura al cui interno è possibile accedere, ha ispirato la tecnica di costruzione della Statua della libertà.
I miracoli di San Carlo Borromeo
"'Quadroni' sono detti quelli che ancora in questi giorni tornano fra le navate del Duomo di Milano, a narrare la vita e i miracoli di san Carlo Borromeo. Un accrescitivo affettuoso, bonario, “spontaneo” per le dimensioni davvero imponenti di questi oltre cinquanta dipinti realizzati nei primissimi anni del Seicento. Ma anche legato a quell’idea stessa di grandezza, di infinita generosità che nella devozione popolare ha sempre accompagnato la memoria del santo vescovo ambrosiano. Come è avvenuto, del resto, anche per il “San Carlone” ad Arona", scrive Luca Frigerio in un articolo sul portale della Diocesi di Milano.
L’esposizione dei quadroni in Cattedrale vede protagoniste tra le campate del Duomo cinquantasei tele, 28 di esse trattano della vita del Beato Carlo e 28 dei Miracoli di San Carlo Borromeo, un vero e proprio museo del primo Seicento lombardo. Fra i suoi mieracoli ci sono la restituzione della vista a un neonato cieco.