L'ultima febbre tropicale salita alla ribalta delle cronache nostrane è l'Oropouche, una arbovirosi tra le più diffuse in Sudamerica, isolata per la prima volta nel 1955 a Trinidad e Tobago, che è stata individuata per la prima volta in Europa a giugno, nel sangue di un giovane rientrato da Cuba a Verona, e per la quale l'ospedale Sacco di Milano ha appena messo a punto un test, scoprendo anche i primi due contagiati in Lombardia - rispettivamente il terzo e il quarto in Italia -, in due persone che hanno viaggiato in Brasile e a Cuba di recente.
Al di là del monitoraggio delle infezioni "importate", nel caso di Oropouche non sono previste altre misure di sanità pubblica perché, tra le febbri esotiche, si tratta di una delle meno preoccupanti: non si può trasmettere direttamente da un essere umano all'altro e Culicoides Paranensis, il moscerino tropicale vettore del virus Orov, dalle nostre parti non è mai stato rilevato. Lo stesso vale per altri insetti (come le zanzare come la zanzara Culex Quinquefasciatus o la Aedes Aegypti) indicati in letteratura come possibili vettori secondari di Oropouche.