
Alcuni PFAS sono stati riconosciuti come cancerogeni per l'uomo
Quella che scorre nei rubinetti lombardi è acqua, ma non solo acqua. I bicchieri si riempiono di qualcosa di più: PFAS, sostanze chimiche che non si vedono, non si sentono, ma restano. Restano nel corpo, nelle falde, nei fiumi. La sigla PFAS sta per un termine inglese che si traduce in “sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate”, anche dette “molecole immortali” a causa della loro persistenza nell’ambiente e per i potenziali rischi per la salute umana.
I numeri parlano chiaro: il 19 per cento dei campioni d’acqua analizzati in Lombardia tra il 2018 e il 2022 è contaminato. A Lodi si sfiora il 90 per cento, a Bergamo e Como non va meglio, e a Milano un rubinetto su tre eroga acqua con tracce di PFAS (in quantità per ora sotto i limiti normativi).
Lo scorso 13 marzo il Governo ha finalmente deciso di mettere un freno al problema approvando un disegno di legge che è appena arrivato in Parlamento. Le nuove regole introdurranno un limite alla presenza di PFAS nelle acque potabili pari a 20 nanogrammi per litro (rispetto agli attuali 100). Il nuovo valore limite riguarda la “somma di quattro PFAS” (PFOA, PFOS, PFNA e PFHxS) di cui è già nota la pericolosità per la salute umana, tra cui la cancerogenicità per PFOA e PFOS.
Ma il punto è: quante città lombarde, oggi, superano il limite che verrà introdotto? Quanti cittadini sono potenzialmente a rischio? Il dato complessivo non è disponibile, ma una parziale risposta arriva da uno studio di Greenpeace pubblicato a gennaio 2025 nel quale tecnici hanno analizzato 260 campioni di acqua potabile in 235 città, tra cui molte in Lombardia: vediamo (nelle prossime schede) quali sarebbero fuori norma. Beninteso, le rilevazioni sono state effettuate complessivamente su pochissimi comuni, quindi quella che segue non è una classifica.