REDAZIONE CRONACA

A scuola di accoglienza

A distanza di pochi giorni, alcuni episodi di discriminazione ed esclusione nei confronti di ragazzi diversabili, sono saliti all’attenzione della cronaca. Il minimo comune denominatore di questi fatti, è l’ambiente scolastico nel quale si sono verificati

Milano, 19 aprile 2016 - A distanza di pochi giorni, alcuni episodi di discriminazione ed esclusione nei confronti di ragazzi diversabili, sono saliti all’attenzione della cronaca. Il minimo comune denominatore di questi fatti, è l’ambiente scolastico nel quale si sono verificati. Laddove, invece, proprio la comunità scolastica dovrebbe essere in grado di accogliere e supportare, psico-pedagogicamente ed educativamente l’inclusione di ogni possibile diversità e cultura, anche e soprattutto, attraverso gli educatori, gli operatori, le metodologie e gli strumenti di intervento atti a determinarla. Il primo episodio è accaduto a Livorno, dove Giulio, un ragazzo di 14 anni, autistico, che non parla e non scrive, è stato escluso, senza che i suoi genitori ne fossero informati, dalla gita scolastica a Larderello alla quale tutti i suoi compagni hanno, invece, partecipato.

Così, la mattina della gita, lui è arrivato a scuola e non ha trovato nessuno se non il suo insegnante di sostegno. Del dolore per la sua esclusione, si è fatta portavoce Donatella, un’amica della madre che, sul web, ha raccontato la storia di quel che è accaduto ed ha scritto un messaggio in prima persona, come fosse il ragazzo stesso: “Io sono Giulio. La mia classe è in gita, io no! perché qualcuno ha ritenuto che non era per me”. Questa denuncia ha provocato una campagna virale sul web. In tanti hanno scritto “Io sono Giulio”, come dopo l’attentato a Parigi al “Charlie Hebdo”. In tanti hanno pensato che l’ingiustizia e l’ignoranza rinforzano l’isolamento proprio laddove l’isolamento, dovuto all’autismo, viene rinforzato dell’essere stati lasciati soli, in classe. A Legnano, invece, una ragazzina di 13 anni, autistica, non ha potuto partecipare alla gita a Mauthausen, perché nessuno dei suoi compagni se l’è sentita di dormire con lei. Per paradossale ironia della sorte, quella gita scolastica era stata organizzata affinché la classe prendesse coscienza degli “orrori della discriminazione”!

di MARIA RITA PARSI