Il mare si sta «mangiando» il Po. La gravissima emergenza siccità sta avendo ripercussioni inedite per il maggiore dei fiumi italiani. Il cuneo salino, che rappresenta l’avanzamento del mare nel delta, è ad oltre 30 chilometri in base agli ultimi dati forniti dall’Osservatorio sulla crisi idrica del Po. Una avanzata da record legata alle temperature altissime ma anche all’assenza di piogge. I temporali delle ultime ore hanno fornito un ristoro alla portata ma se non si procederà con la riduzione del prelievo idrico del 20% sulle acque disponibili il «problema è solo rimandato di 10 giorni» ammoniscono dall’Osservatorio.
Per il grande fiume le precipitazioni delle ultime 24 ore sono state molto utili, soprattutto per gli equilibri idrologici a breve termine. Un incremento di portata che però, spiega l’Osservatorio, «non risolve il problema del pesantissimo deficit esistente ma, di fatto, lo sposta, in avanti di una decina di giorni. Per ora si scongiura la massima conseguenza della siccità stagionale, cioè “un preventivo e dannoso stop al prelievo“. Tuttavia i prelievi, è il monito, vanno ridotti ma ciò non è ancora avvenuto nonostante la raccomandazione ai territori.
Se si fosse già intervenuti in tal senso la pioggia di ieri avrebbe «contribuito in maniera determinante - spiegano dall’Osservatorio - al raggiungimento di un livello tale (circa 300 metri cubi al secondo) in grado di sollevare le necessità della gran parte delle aree fino a luglio inoltrato» e riducendo così concretamente l’ingresso delle acque salmastre arrivate oramai ad oltre 30 chilometri dalla costa adriatica nel Ferrarese e Rodigino. In ogni caso le cinque stazioni di monitoraggio delle quote idrometriche del Po restano ancorate al livello di «siccità grave».
Un quadro, anche a livello nazionale, che non dovrebbe mutare nei prossimi giorni nonostante i fenomeni temporaleschi, in alcuni casi violenti, registrati in alcune aree: oggi una forte tromba d’aria si è abbattuta nella zona di Massa Carrara. Caronte continuerà, quindi, a stringere la sua morsa di calore e le temperature, in alcune zone del Paese, raggiungeranno picchi di oltre quaranta gradi: la sfida alla siccità si annuncia ancora lunga. La prossima settimana è atteso in Senato il ministro per le politiche agricole Stefano Patuanelli per un’informativa sull’emergenza.
L’Emilia Romagna, che ha ottenuto il rilascio di alcuni metri cubi di acqua dalla diga del Brugneto dalla Liguria verso Parma e Piacenza, chiede un intervento immediato e il governatore Bonaccini ha firmato oggi una ordinanza per l’emergenza nazionale. «Siamo la prima regione a farla al Governo - ha detto Bonaccini - perché chiediamo 32 milioni per interventi come autobotti dove servono, nel Parmense, o per interventi di manutenzione sui canali nel Piacentino e nel Ferrarese». Dal canto suo la Lombardia ha chiesto al Trentino cinque milioni di metri cubi di acqua, da prelevare dai serbatoi di malga Bissina e malga Boazzo, in alta val Daone, nelle Giudicarie e da destinare all’agricoltura.
«Abbiamo posto la questione a Terna - precisa il vicepresidente della Provincia di Trento, Mario Tonina- perché i 10 milioni di metri cubi di acqua presenti nei bacini sono considerati riserva di potenza per il sistema elettrico nazionale, prevista dalla concessione idroelettrica per le centrali di Boazzo, Cimego e Storo, in base a un decreto ministeriale del 1958». L’eccezionale ondata di caldo sta avendo, come era prevedibile, effetti anche sui raccolti. La Coldiretti stima perdite per la frutta che arrivano fino al 15%.
Ad essere colpiti sono i soprattutto i raccolti di ciliegie in Puglia ed Emilia Romagna, angurie e meloni in Veneto, pere e albicocche nel Ferrarese, barbatelle nei vigneti toscani, e inoltre, pesche e ulivi. «Dove è possibile, in alcune aree del Paese gli agricoltori sono ricorsi alle irrigazioni di soccorso per salvare le coltivazioni più in sofferenza. Una situazione che fa salire a tre miliardi il conto dei danni provocati nel 2022 all’agricoltura italiana, dalla siccità e caldo», afferma l’associazione agricola.
Danni alle colture potrebbero arrivare anche dalle cavallette che in alcune zone hanno fatto la loro comparsa in modo massiccio. Una vera e propria invasione quella registrata nelle vallate dei fiumi Bidente e Savio, in Romagna