Palermo - "O si sta contro la mafia o si è complici dei mafiosi". Così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un passaggio del discorso pronunciato in occasione della cerimonia commemorativa dell'anniversario delle stragi di Capaci e di via d'Amelio, dove persero la vita i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e gli agenti delle rispettive scorte. La cerimonia si è tenuta a Palermo questa mattina. Mattarella si è recato nel bunker del carcere dell'Ucciardone "un luogo di grande valenza simbolica, dove lo Stato ha assestato importanti colpi alla mafia" ha ricordato il Capo dello Stato che poi si alla caserma Lungaro di Palermo per ricordare gli agenti di scorta uccisi nella strage di Capaci.
Il ricordo
Il presidente Mattarella si è poi recato alla caserma Lungaro di Palermo per porre una corona di fiori in ricordo delle vittime uccisi nelle due stragi: Francesca Morvillo, moglie di Falcone e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro rimasti uccisi a Capaci e i colleghi Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina morti in via d'Amelio un paio di mesi dopo.Il 23 maggio è divenuto il Giorno della Legalità e come ha ricordato il Capo dello Stato "questo ricordo delle vittime e delle sofferenze, del dolore e delle vite sconvolte dei familiari, costituisce una delle motivazioni che donne e uomini della polizia di Stato mettono nel loro impegno, così come avviene per tutte le forze dell'ordine nel ricordo dei loro caduti". E poi ha ribadito: "La mia presenza qui vuole testimoniare che questo ricordo appartiene all'intera Repubblica, alle sue istituzioni, ai cittadini e soprattutto ai giovani".
I giovani e la scuola
Nel giorno delle celebrazioni per il 29° anniversario della Strage di Capaci, nell'aula bunker di Palermo, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando ha consegnato al Presidente della Repubblica il tricolore realizzato dai bambini della scuola Cavallari di Brancaccio, in ricordo di tutte le vittime di mafia. "La mafia, diceva Antonino Caponnetto, teme la scuola piu' della Giustizia, l'istruzione toglie l'erba sotto i piedi della cultura mafiosa", ha ricordato Sergio Mattarella
Le vittime
La strage di Capaci è l'attentato con cui Cosa Nostra nella sua dichiarazione di guerra allo Stato volle colpire il magistrato antimafia Giovanni Falcone. Il 23 maggio 1992 venne fatta esplodere una bomba composta da 500 kg di tritolo e posizionata sotto un tratto dell'autostrada A29, che collega Palermo con Mazara del Vallo. La bomba venne fatta esplodere alle 17.57 mentre transitavano le tre Fiat Croma blindate del giudice con la sua scorta provenienti dall'aeroporto di Punta Raisi. Oltre al giudice Falcone, morirono altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Vi furono 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l'autista giudiziario Giuseppe Costanza.
Via D'Amelio
La strage di via D'Amelio è il secondo colpo assestato dalla mafia allo Stato dopo Capaci. Nel mirino il giudice Paolo Borsellino, che dopo l'uccisione dell'amico e collega di Giovanni Falcone sapeva di essere nell'elenco degli obiettivi come disse nella famosa intervista rilasciata a Lamberto Sposini il 24 giugno 1992. "Guardi, io ricordo ciò che mi disse Ninni Cassarà allorché ci stavamo recando assieme sul luogo dove era stato ucciso il dottor Montana alla fine del luglio del 1985, credo.Mi disse: "Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano". Il 19 luglio 1992, una domenica, una Fiat 126 rubata contenente circa 90 chilogrammi di esplosivo del tipo Semtex-H telecomandati a distanza, esplose in via Mariano D'Amelio 21 a Palermo, sotto il palazzo dove all'epoca abitavano Maria Pia Lepanto e Rita Borsellino, la madre del giudice. Oltre al magistrato persero la vita i cinque agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto fu l'agente Antonino Vullo, che al momento dell'esplosione stava parcheggiando una delle auto della scorta.