Tatuaggi a colori vietati? Sì, no, forse. Di certo al momento sul nuovo regolamento varato dall’Unione Europea che blocca l’utilizzo di 26 pigmenti nelle miscele per i tattoo la confusione, fra appassionati e artisti del disegno sulla pelle, è enorme. La speranza è che nuovi prodotti, il cui ingresso sul mercato è annunciato per la fine di gennaio, possano “riaccendere” definitivamente i motori degli aghi. Ci aiuta a districarci fra le pieghe delle nuove normative Eliseo Giuseppin, tatuatore romano, fra i fondatori, nel 2000, dell’associazionetatuatori.it.
Allora Eliseo è vero che i tatuaggi a colori sono vietati d’ora in poi?
“Va fatta un po’ di chiarezza. Il regolamento elenca una serie di pigmenti, 26 in totale, che non devono superare una certa concentrazione all’interno delle miscele utilizzate per realizzare i tatuaggi. Il problema è che la gran parte di questi pigmenti viene prodotta da aziende americane”.
E quindi?
“Fra Europa e America sul tema del rischio connesso alla commercializzazione di un prodotto vigono due principi opposti. Qui da noi conta il principio della precauzione, ovvero un’evidente assenza di rischio. Negli Stati Uniti, invece, i prodotti vengono messi sul mercato in assenza di evidenza di rischio”.
Come si collega al nuovo regolamento europeo questa sottile differenza?
“I 26 pigmenti elencati all’interno del documento approvato dall’Unione Europea devono essere sostituiti, su questo non c’è dubbio. Il nodo è che gran parte di questi pigmenti è prodotta in America. Dovendo osservare regole così restrittive e avendo a disposizione negli altri continenti un mercato molto più ampio, conviene alle aziende spendere denaro in ricerca per realizzare pigmenti da destinare esclusivamente all’Europa?”.
Me lo dica lei.
“Il gioco per molti non vale la candela. Anche se, a dire il vero, c’è un’azienda americana che si è impegnata a mettere sul mercato entro fine mese una nuova linea di colori che risponda alla nuova normativa europea. Vedremo se all’annuncio seguirà una reale disponibilità e che qualità avranno questo prodotti. Al momento, per gli studi italiani, l’offerta è limitata al nero”.
Un bel problema, quindi, questo nuovo regolamento…
“Sì, perché essendo un regolamento, a differenza di altri provvedimenti, non deve essere recepito dagli stati membri della Comunità. È valido da subito per tutti”.
Prima cosa accadeva?
“Nel 2003 il Consiglio d’Europa, su indicazione della Direzione Generale alla Salute Pubblica, aveva emanato una risoluzione sull’attività di tattooing, successivamente modificata nel 2008. Queste indicazioni potevano essere recepite o meno dagli stati. In Italia era stata fatta una mossa intelligente. Le risoluzioni erano state coordinate con il Codice del consumo, una norma a tutela dei consumatori. In quel modo venivano puniti solo i comportamenti effettivamente scorretti dei singoli studi, sul fronte della sicurezza, e non tutto il settore”.
Quando è stata imboccata la strada che ha portato a questo giro di vite?
“Nel 2016 è stata effettuata un’ulteriore revisione della risoluzione sui tatuaggi ma l'iter si è interrotto perché contestualmente la Commissione europea ha affidato ai funzionari della Direzione Generale per l'industria il compito di regolamentare il settore. In questa sede si è deciso di inserire i pigmenti all’interno della caetgoria prodotti chimici. E qui sono iniziati i problemi”.
Per esempio?
“Ai tempi delle precedenti risoluzioni, qualora il pigmento acquistato non risultasse conforme alla normativa, al titolare di uno studio veniva imposto di smaltire il prodotto ‘irregolare’ a sue spese e tutto finiva lì. Adesso, invece, tutti gli attori della catena di approvvigionamento sono corresponsabili dal punto di vista economico e legale. Il produttore, l’importatore, il distributore, il venditore e, ultimo anello della catena, il tatuatore. Un’assurdità”.
Quali sanzioni si rischiano in caso di irregolarità?
“Sono di due tipi. I tre mesi di arresto oppure una multa che può andare da 40mila a 150mila euro”.
Ma quali sono i motivi di questo inserimento fra i chimici? “Dall’inizio è parsa subito una scelta poco comprensibile. L'associazione produttori europei, Time, e la European Society of Tattoo and Pigment Research, società fondata da medici specializzati,che ogni due anni organizza il 'World congress on tattoo and pigment research' avevano segnalato alla Commissione fin dall’inizio l'irragionevolezza di questa decisione, in primis il divieto di utilizzo dell’alcol isopropilico, sostanza che serve a mantenere la sterilità degli inchiostri per tatuaggi, il cui uso era invece consentito dalle risoluzioni precedenti al regolamento appena entrato in vigore”.
Quali contraccolpi può provocare il nuovo regolamento al settore?
“E’ ovvio che i tatuatori che lavorano con i colori si troveranno in enorme difficoltà. Soprattutto quelli che prediligono i disegni ‘old school’ (un particolare stile di tatuaggio, ndr). Dovranno attendere i nuovi prodotti, nella speranza che offrano prestazioni di livello. Il rischio è per la popolazione e per chi lavora rispettando le regole, perché si spalancheranno praterie per gli abusivi. Come è già accaduto durante il lockdown”.
Ecco, i nuovi prodotti: sono la chiave per dipanare questa matassa?
“Onestamente al momento non so che dire. Ho visionato alcune schede di sicurezza relative a queste nuove miscele e sono formalmente ricche di dati in sovrabbondanza rispetto alle precedenti. mentre per quanto riguarda la formulazione delle miscele si deve rimanere in vigile attesa”.