REDAZIONE CRONACA

Un mondo a parte

La sequenza di attentati, rivendicati o meno, è in un crescendo impressionante di MARIO ARPINO

Milano, 13 gennaio 2016 - La sequenza di attentati, rivendicati o meno, è in un crescendo impressionante. Ma cambia continuamente di forma e di qualità. Francia e Turchia, per ragioni diverse, sembrerebbero i teatri operativi prescelti. C’è un filo logico che lega tutto ciò? Sì e no. La strage di turisti tedeschi a Istanbul è collegabile alle molestie sessuali a Colonia, o, come in Egitto, nel mirino di Daesh ci sono solo i proventi del turismo? Poi ricordiamo Libia, Tunisia, Israele con l’intifada dei coltelli, e di nuovo l’Egitto nel Sinai. Ci troviamo di fronte a un piano organizzato – una sorta di insurrezione – dove forze diverse si stanno coordinando all’insaputa degli Stati? Pare improbabile, ma ogni pensiero è lecito. La Turchia, dopo che Erdogan, con il plauso dell’Unione europea – ha segnato la svolta «islamodemocratica» emarginando kemalisti, laici e militari, è stato il Paese più duramente colpito. Quale sia l’ispirazione democratica di Erdogan lo si è visto presto.

Non potrebbe essere una reazione di qualcuno che tende a punire la doppiezza con cui la Turchia si muove sotto la copertura della lotta al terrorismo? È sospetta anche la sollecitudine con cui le autorità hanno dichiarato che si tratta di azione dell’Isis, come quando al-Sisi e Putin (poi smentiti dai fatti) si erano affrettati a dichiarare che il terrorismo non c’entrava nulla con la tragedia del velivolo charter nel Sinai egiziano. Così Erdogan non ammetterà mai che i duri colpi ultimamente ricevuti possano provenire, come reazione, dal Pkk curdo.

Ormai la Turchia, sebbene sostenuta da Obama anche per la vergognosa trappola – fuori da ogni regola di ingaggio della Nato - tesa al caccia Sukoi al confine della Siria, è un Paese in crisi. Quello che fa e che dice non va più preso per oro colato. Persino l’Isis, ormai, è usato come foglia di fico per coprire gli interessi del nuovo sultano e delle sue difficoltà con il mondo dei curdi. E, segnatamente, del Pkk. In conclusione, l’opinione che un osservatore sereno si può formare è che, se con un buon grado di certezza esiste un filo rosso che lega gli attentati in Libia, in Francia, in Tunisia e i disordini in Germania, tutto ciò che accade in Turchia rappresenta un caso a parte, non sempre collegabile al terrorismo di matrice islamica. 

di MARIO ARPINO