Pavia, 1 luglio 2018 - Da riserva di caccia a luogo dove si produce il miglior riso Carnaroli della Lombardia. «All’inizio non ci credevamo. Il tutto è iniziato un po’ per scherzo, ma i risultati ottenuti ci hanno invogliato ad insistere e a migliorare sempre di più la nostra attività» afferma Dino Massignani, il direttore dell’azienda. La Riserva San Massimo è sempre stata un luogo di caccia, sin dagli anni Trenta (quando era una proprietà della famiglia Dell’Orto). Un’area naturale di 800 ettari inserita in una delle zone più pregiate del Parco del Ticino, sito di interesse comunitario dal 2004, dove aree agricole (mai sfruttate in maniera intensiva), brughiere, una foresta incontaminata ricca di risorgive e fontanili, si alternano spontaneamente dando vita a una varietà paesaggistica unica, culla di una biodiversità in cui anche la fauna selvatica trova un habitat ideale. Nel 1998 la Riserva è stata acquistata da Guido Antonello. I primi tentativi di semina del riso nelle zone invase dall’acqua risorgiva (ci sono 44 polle da cui sgorga acqua purissima a temperatura costante) risalgono al 2010.
«Eea soprattutto una produzione familiare. Visto che il risultato era buono abbiamo ritenuto di insistere. Oggi produciamo un Carnaroli autentico di altissima qualità, sia classico che integrale, coltivato all’interno della Riserva, il Rosa Marchetti e il Vialone Nano». Le sementi sono certificate dall’E.N.S.E. (Ente nazionale sementi elette). Il terreno che ospita l’azienda agricola San Massimo – un’ansa del fiume Ticino che nel corso degli anni ha modificato il suo percorso – si è rivelato di straordinaria fertilità. In tutta l’area si ritrova la presenza di un substrato torboso molto ricco, composto da resti vegetali e microorganismi che, a causa dell’acidità mantenuta dall’acqua, non si decompongono completamente, rendendolo così fecondo e consentendo di concimare poco i terreni, utilizzando ad integrazione, solo in alcuni casi, sostanze organiche. Raggiunta la giusta maturazione (il ciclo vegetativo dura circa 165 giorni), il risone viene raccolto e subito essiccato in cascina, a basse temperature. La Riserva San Massimo, nonostante la normativa permetta ancora di essiccare il riso a gasolio, a fiamma diretta – con i fumi che raggiungono il chicco, lasciando residui e modificandone il sapore –, essicca a gas metano, metodo che consente l’utilizzo di temperature moderate, che mantengono integro e compatto ogni singolo chicco. «Dalla raccolta al termine della lavorazione va perso il 50% della materia proprio perché puntiamo ad ottenere la qualità più elevata possibile» aggiunge Massignani.
In pochi anni il Carnaroli dell’azienda San Massimo è arrivato nelle cucine dei più noti ristoranti. «A Milano ci sono diversi chef che fanno uso esclusivo del nostro Carnaroli». La produzione alla San Massimo è aumentata, anche per soddisfare le richieste che arrivano dall’estero, Dubai, Cina e Giappone in particolare. «Quest’anno abbiamo dedicato al Carnaroli 110 ettari di terreno, incrementandola rispetto agli anni scorsi visto il crescente interesse per questo nostro riso».