ANDREA GIANNI
Cronaca

Traffico di uomini, la rotta lombarda: la speranza costa fino a 3mila euro

Varese, la scoperta di un furgone in un piccolo valico per la Svizzera svela il sistema delle gang kosovare

Un gruppo di migranti in un'immagine di repertorio

Milano, 8 luglio 2018 - Migranti stipati su furgoni, che cercano di sfuggire ai controlli ai valichi di frontiera minori fra l’Italia e la Svizzera, guidati in cambio di denaro nel viaggio della speranza verso il Nord Europa. Organizzazioni criminali che vedono inediti patti affaristici fra passeur e trafficanti, personaggi legati al gruppo paramilitare albanese Nuovo Uck e Cosa Nostra, holding con sponde in mezza Europa. Inchieste hanno ricostruito le rotte dei trafficanti di esseri umani, con Milano e la Lombardia come snodo centrale per raggiungere le frontiere. L’ultima indagine dei carabinieri, coordinati dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo, che ha portato a 17 fermi, è partita anche da un episodio accaduto a Ponte Cremenaga, piccolo valico di frontiera fra il Varesotto e il Canton Ticino. Alle 20.40 del 13 marzo dell’anno scorso un furgone con targa svizzera oltrepassa il confine e viene fermato dalla polizia elvetica. A bordo 11 persone, migranti e passeur. E un “tesoretto” formato dai soldi pagati dai profughi per il viaggio: circa tremila euro a testa. I migranti vengono rimandati in Italia, e le mosse successive dei passatori dimostrano il grado di preparazione della holding criminale con a capo il kosovaro Arben Rexhepi, membro durante la guerra dei Balcani del “Gruppo del comandante Teli”, una formazione paramilitare dell’Uck.  Nella notte fra il 14 e il 15 marzo alcuni dei migranti respinti, in contatto con il fratello di Arben, Driton Rexhepi, vengono prelevati nel Varesotto e portati in una base fra Colico e Morbegno, con l’aiuto di Xhemshit Vershevci, un kosovaro di 48 anni che viveva a Delebio, in provincia di Sondrio. Questa volta il viaggio va a buon fine, perché da Sondrio riescono a entrare illegalmente in Svizzera a bordo di un’auto con i vetri oscurati guidata da una donna, Jlenia Fele Arena. Un gruppo che in Lombardia contava anche sull’appoggio di due italiani, anche loro fermati: il 48enne comasco Franco Mapelli e il fratello 52enne Tiziano Moreno, di Bellano. Era Arben Rexhepi, secondo le accuse, a reclutare nei Balcani i profughi disposti a pagare tremila euro nel tentativo di raggiungere la Svizzera.

Venivano caricati su furgoni e portati in Italia varcando la frontiera a Trieste. Da Venezia prendevano un treno per Milano, dove venivano prelevati da Driton Rexhepi e portati verso il Canton Ticino. Sono decine i viaggi, documentati anche attraverso intercettazioni. Un flusso costante e remunerativo per i trafficanti, finiti nella rete dei carabinieri. Un altro canale consentiva a slavi di entrare in Italia con falsi contratti di lavoro. Indagini della Dda di Milano avevano smantellato un’altra gang, composta da egiziani in grado di organizzare decine di viaggi. I migranti sbarcati sulle coste siciliane risalivano la penisola e arrivavano alla stazione Centrale di Milano. Raggiungevano Pavia e poi Ventimiglia a bordo di treni regionali, tentando di entrare in Francia nascosti su furgoni. I prezzi variavano da 500 fino a mille euro. Lo scorso 31 maggio sono arrivate le condanne in primo grado fino a 11 anni di carcere, per nove persone accusate di associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina.