Mortalità per mesotelioma maligno in eccesso in 100 comuni lombardi, con una forte concentrazione tra la Bergamasca e Pavia. In queste due province si concentrano, infatti, ben 48 dei 375 comuni italiani il cui il numero di decessi per mesotelioma è superiore al numero atteso sulla base della media regionale (29 nella Bergamasca, 19 nel Pavese). È uno degli aspetti che emerge dal rapporto dell’Istituto superiore di sanità sulla mortalità per amianto nel nostro Paese, che ha preso in esame il periodo tra il 2010 ed il 2020.
La buona notizia è che si nota una diminuzione del numero dei decessi per mesotelioma tra gli under50 negli ultimi anni: un primo effetto della legge 257/92 con la quale l’Italia vietò l’utilizzo dell’amianto e la produzione di manufatti contenenti amianto. D’alta parte, però, gli effetti di questo materiale, killer silenzioso (il periodo di latenza tra esposizione a fibre di amianto e comparsa del mesotelioma è di 30-40 anni), continuano a persistere.
La Lombardia è la regione con più morti in valore assoluto (4.223 sui 16.993 di tutta Italia), pari a 3,41 ogni 100mila abitanti (il tasso standardizzato a livello nazionale è di 2,26). “Nel complesso – spiega il rapporto – i dati presentati sono coerenti nell’indicare che l’amianto costituisce ancora un’emergenza ambientale e sanitaria nel nostro Paese, anche se si comincia a registrare un lieve decremento dei tassi di mortalità per mesotelioma maligno”.
In Lombardia, per il mesotelioma pleurico maligno, le aree note per la presenza di esposizione ad amianto sono chiaramente identificate, in particolare l’area di Broni (in cui ha operato tra il 1932 e il 1993 la Fibronit, la seconda più grande fabbrica di manufatti in cemento-amianto italiana dopo la Eternit) nella provincia di Pavia; diverse aree nella parte prealpina della regione delle province altamente industrializzate di Varese, Monza e Brianza, Bergamo e Brescia; e un’ampia area nella provincia di Sondrio con bassa densità di popolazione.
L’area di Broni risulta particolarmente esposta anche per il tumore ovarico, insieme all’area attorno al Lago d’Iseo, dove si trova il Comune di Sarnico (in provincia di Bergamo, al confine con Brescia), dove dal 1920 al 1993 ha operato un’industria che produceva articoli in amianto, quali tessuti e guarnizioni di gomma e metallo. “Le morti e le malattie per amianto destano un grande senso di ingiustizia sociale che richiama tutti alla necessità di intervenire – ha dichiarato Marco Martuzzi, direttore del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Iss –. In Italia molto è stato fatto negli ultimi decenni, per cui oggi si vedono i primi effetti positivi. Ma l’amianto rimane un’emergenza ambientale e sanitaria”.