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Il turismo sanitario spacca l’Italia in due: un quarto di chi si sposta viene a curarsi in Lombardia

L’analisi della Fondazione Gimbe. Nino Cartabellotta: “Questa non è una scelta, ma una necessità imposta dalle profonde disuguaglianze nei servizi regionali”

L'ospedale San Raffaele di Milano

L'ospedale San Raffaele di Milano

Milano – Sono sempre di più gli italiani che scelgono di curarsi fuori dalla propria regione e quasi tutti scelgono di farlo in Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Lo rivela un’analisi della Fondazione Gimbe sui dati del 2022 riguardo alla mobilità sanitaria interregionale. La spesa complessiva di queste cure fuori regione ha raggiunto ormai il livello più alto mai registrato, pari a 5,04 miliardi di euro. Questo dato evidenzia un fenomeno sempre più radicato e problematico: il trasferimento di pazienti dal Sud al Nord per ricevere cure mediche adeguate. 

Disuguaglianze sanitarie

“Questi numeri certificano che la mobilità sanitaria non è più una libera scelta del cittadino, ma una necessità imposta dalle profonde diseguaglianze nell'offerta dei servizi sanitari regionali”, dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe. Il fenomeno si traduce in costi economici, psicologici e sociali insostenibili per i pazienti e le loro famiglie, costretti a spostarsi per ottenere cure di qualità.

L’analisi si basa su tre fonti principali: i dati economici del Riparto 2024, i flussi dei Modelli M trasmessi dalle Regioni al Ministero della Salute e il Report Agenas sui ricoveri e la specialistica ambulatoriale. Tutti questi dati confermano il forte squilibrio esistente tra le diverse aree del Paese.

Le regioni più attrattive

La mobilità attiva, ovvero l'attrazione di pazienti da altre Regioni, si concentra per oltre la metà in Lombardia (22,8%), Emilia-Romagna (17,1%) e Veneto (10,7%), seguite da Lazio (8,6%), Piemonte (6,1%) e Toscana (6,0%). A pagare il prezzo più alto sono invece Abruzzo, Calabria, Campania, Sicilia, Lazio e Puglia, che insieme rappresentano il 78,8% del saldo passivo.

Livelli essenziali di assistenza

Un aspetto cruciale messo in luce dal rapporto Gimbe è la correlazione tra la mobilità sanitaria e il livello di adempimento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea). Le Regioni con migliori performance nei Lea sono anche quelle con un saldo positivo nella mobilità sanitaria, mentre le Regioni che non raggiungono la media nazionale registrano pesanti deficit. Questo indica che la mobilità sanitaria è solo la punta dell'iceberg delle diseguaglianze regionali, che si estendono anche all'assistenza territoriale e socio-sanitaria.

“Il divario tra Nord e Sud non è più solo una criticità, ma una frattura strutturale del Servizio Sanitario Nazionale”, avverte Cartabellotta. La recente approvazione della legge sull’autonomia differenziata, secondo il rapporto, rischia di accentuare ulteriormente queste disparità, consolidando un sistema in cui il diritto alla salute diventa un privilegio legato alla regione di residenza.