
Aumentano le aggressioni al personale sanitario in Italia e in Lombardia
MILANO – L’anno scorso, in Lombardia, gli operatori sanitari hanno segnalato 10.664 aggressioni subite tra studi, ambulatori, ospedali e Rsa pubblici e privati: una media di oltre 29 al giorno. Solo negli enti pubblici ne sono state denunciate 5.690 all’Agenzia di controllo del sistema socio-sanitario lombardo (Acss), che una legge regionale nel 2020 ha investito del monitoraggio del fenomeno: un aumento del 17,7% dal 2023. Che può riflettere anche “un aumento della sensibilità”, dice l’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso che a novembre ha ricordato alle strutture sanitarie pubbliche di denunciare le violenze anche in Procura e sostenere legalmente i lavoratori che le subiscono.
Sono infermieri in più del 60% dei casi, poi medici (in aumento dal 17,3% al 21,8% del totale nell’ultimo anno). Un’aggressione su quattro è di tipo fisico, ma queste ultime superano la metà per i soccorritori dell’Areu. Rispetto al 2023 è diminuita la percentuale di casi che avvengono in pronto soccorso (dal 31,2% al 25,2%), mentre è cresciuta quella registrata nelle degenze (dal 35,5 al 36,9%), nelle aree comuni come le sale d’attesa (dal 3,6 al 14%) e negli ambulatori (dal 5,6 all’8,8%). Il 67,8% degli aggressori sono pazienti, inclusi quelli con “patologie neurologiche o psichiatriche che purtroppo determinano aggressività”, ricorda l’infermiera Jessica Calegari, dirigente al dipartimento emergenza-urgenza dell’Asst dei Santi dove le aggressioni hanno cadenza “quasi quotidiana” (e la cronaca conferma).
Ma un quarto abbondante degli aggressori (25,6%) è un parente o accompagnatore, e in ogni caso “le violenze a chi dedica la sua vita a salvarne altre sono intollerabili”, chiarisce l’assessore Bertolaso, auspicando che pure “lo scudo penale venga esteso anche agli operatori sanitari” in conferenza stampa col collega alla Sicurezza Romano La Russa, di FdI, in occasione della Giornata contro le violenze ai camici. Elencano gli interventi pensati per contenerle, come i 26 pulsanti anti-aggressione piazzati in 22 ospedali tra Milano, Lecco e Monza, utilizzati l’anno scorso per 424 chiamate dirette alle forze dell’ordine generando 182 interventi della polizia e 242 dei carabinieri; contandoli insieme ai posti di polizia, la Regione calcola che i pronto soccorso pubblici presidiati in un anno siano saliti dal 30 al 66%.
Intanto la versione smartwatch del pulsante è in sperimentazione all’ospedale di Vigevano e a Bergamo per medici di base, infermieri di famiglia, operatori psichiatrici e personale delle cure domiciliari. La Russa rivendica le bodycam, sinora circa 400, distribuite su base volontaria ai soccorritori delle ambulanze, e annuncia che alla Lombardia arriveranno circa tre milioni per piazzare telecamere nelle strutture sanitarie, sempre in funzione di deterrenza.
Carmela Rozza, consigliera regionale del Pd e promotrice della legge contro le violenze ai sanitari, sottolinea come l’aumento del 17,7% si riferisca solo alle aggressioni nelle strutture pubbliche, che all’Acss rispondono al 100%; gli altri cinquemila casi raccolti dal privato sono fuori dal confronto perché manca il pregresso, “ma la Regione doveva esigere i dati, è un obbligo di legge”, sottolinea Rozza ricordando che anche stavolta “non tutte le strutture convenzionate hanno risposto”, e attaccando “la Giunta e soprattutto l’assessore La Russa che usa questa giornata per farsi propaganda. Medici e infermieri, soprattutto dalla pandemia in poi, sono più esposti a intemperanze anche a causa di pregiudizi, e scelte del Governo Meloni come aver cancellato le multe ai no vax contribuiscono a minare la fiducia nella medicina”.