
Una speciale esibizione dal balcone di casa Stradivari (Fotorastelli)
Cremona, 13 marzo 2016 - Il «tarocco» ora non è più solo questione di tavola, ma anche di cultura. Accanto al pecorino cinese, l’Asiago made in Romania, il più recente olio di oliva tunisino o il gorgonzola svedese sono arrivati, nel cuore mondiale delle liuteria, i violini «bianchi». Ovvero strumenti costruiti in Romania, Cina o Bulgaria e rifiniti poi a Cremona acquistando dunque la «patente» per essere venduti come costruiti nella patria di Stradivari. È uno tsunami quello che si sta scatenando in queste ore tra i vicoli all’ombra del Torrazzo, dove si trovano centocinquanta botteghe di artigiani stranieri e italiani che hanno fatto della liuteria l’immagine della città. Il problema parte proprio dai liutai, alcuni dei quali da tre o quattro anni hanno iniziato ad acquistare violini «in bianco», ovvero non ancora terminati all’estero per poi rifinirli nelle loro botteghe e rivenderli sul mercato.
Altri invece si limitano ad acquistare i pezzi per poi assemblarli a Cremona, ma in ogni caso rimane il fatto che questa pratica getta un’ombra lunga sul futuro della liuteria cremonese, mettendo anche in crisi il riconoscimento avuto dall’Unesco di città del saper fare liutario. Stradivari, geloso come un innamorato della sua arte, ha lasciato un tesoro in mano a tutta la città: un violino di liuteria è costruito come un pezzo unico in ogni sua parte, a mano, praticamente senza macchinari, con la stessa tecnica che si tramanda da quattrocento anni in riva al Po. Qualcuno ora parla di liuteria trash, resta il fatto che questi violini, che se ne dica, non hanno nulla a che vedere con l’arte che caratterizza gli strumenti cremonesi: i costi di produzione di un violino «bianco» sono notevolmente inferiori rispetto ad uno strumento fatto in bottega in ogni singolo componente. Inoltre i tempi di produzione si accellerano notevolmente, ovviamente a scapito della qualità. La liuteria cremonese ha bisogno ora più che mai di ritrovarsi compatta: da anni la Anlai (Associazione Nazionale Liuteria Artistica Italiana) si batte al fine di alzare sempre di più il livello. «È evidente ( non ci nascondiamo dietro un dito o proclami di facciata ) che esistono grossi problemi e difficoltà ma è impensabile credere che bastino 8 foto e dei controlli non rigorosi ed eseguiti solo su alcuni strumenti tra quelli di cui si richiede il marchio e che la garanzia non debba essere invece estesa a tutta la produzione di ogni liutaio certificato» precisa l’Anlai.
La Coldiretti dopo anni sembra aver vinto la «guerra» contro i produttori d’oltroceano e contro la conserva «made in china», come? Battendosi per il chilometro zero e pensando ai mercati di Campagna Amica: lo dicono i dati relativi alla provincia di Cremona circa la crescita del numero di aziende monopersonale in campo agricolo. Una lezione che anche la liuteria dovrebbe imparare, tanto più che oggi Cremona è anche sede dell’unico Museo del Violino esistene al mondo e di una Manifestazione Triennale che chiama in città i migliori liutai del pianeta.
di DANIELE RESCAGLIO