Milano, 29 gennaio 2021 - C'è mezza Italia col fiato sospeso, in attesa di conoscere l'esito del monitoraggio dell'Istituto superiore di sanità che fotograferà la situazione del contagio nel nostro Paese e, soprattutto, scriverà il destino a colori delle regioni: sono almeno nove quelle che sperano di passare da domenica 31 gennaio in zona gialla, quella con minori restrizioni, che permette di riaprire bar e ristoranti. Tutto dipenderà dall'indice Rt che definirà i livelli di rischio delle regioni. A sperare in un miglioramento sono soprattutto le categorie produttive, già in fermento in Lombardia dopo la quasi certezza di dover attendere ancora una settimana (qui i dati della Lombardia).
I dati lasciano ben sperare, anche se il coronavirus è tutto fuori che sotto controllo. In Italia si conferma infatti la tendenza già registrata la la settimana scorsa: le misure adottate a Natale e Capodanno hanno prodotto gli effetti sperati con la curva epidemiologica che è in calo per la seconda settimana consecutiva, anche se i 14.372 casi al giorno (qui i dati di ieri) confermano che si è ancora lontani dalla condizione che consente di tenere sotto controllo l'epidemia, vale a dire 5-7mila casi in 24 ore, con un'incidenza di 50 casi ogni centomila abitanti. Il tasso di positività, inoltre, è al 5,2%, come ieri ma in aumento visto che i tamponi sono circa 18mila in meno. Dati più incoraggianti dalle terapie intensive, dove ci sono 2.288 persone, 64 meno di ieri, e dai reparti ordinari, con un calo di 383 ricoveri che porta il totale sotto i 21mila (20.778).
La situazione delle regioni a oggi
In zona gialla: Campania, Basilicata, Molise, Provincia autonoma di Trento, Toscana. In zona arancione: Sardegna, Abruzzo, Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Veneto, Piemonte, Puglia, Umbria, Valle d’Aosta, Lombardia. In zona rossa: Provincia Autonoma di Bolzano, Sicilia.
Ecco come cambieranno i colori delle regioni
Sono almeno 9 le regioni che sperano di passare in zona gialla: sono quelle che hanno i dati che le collocherebbero nella fascia più permissiva: Abruzzo (con Rt a 0,81 e rischio basso), Calabria, Emilia Romagna (con Rt attorno a 0,7), Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lazio (Rt 0,73), Marche (Rt 0,88), Piemonte e Veneto (Rt 0,62). Ma se il passaggio dovrebbe essere sicuro per Calabria, Veneto e Emilia Romagna, che sono entrate in zona arancione l'8 gennaio, per le altre bisognerà vedere se sono trascorsi i 14 giorni consecutivi nel livello di rischio inferiore visto che la maggior parte dei provvedimenti sono in vigore dal 17 gennaio.
Dovrebbero restare in area gialla Basilicata, Campania, Toscana, provincia di Trento e Molise.
Sardegna e Lombardia sono accomunate da una sorte simile: sono in zona arancione da solo una settimana e lì dovrebbero restare. Salvo colpi di scena, nel caso della lombardia, che in teoria avrebbe potuto vedersi "abbuonare" una settimana, cioè quella passata in zona rossa per errore. La Sardegna invece ha dati da zona gialla ma occorre far passare 15 giorni. Rimangono in zona arancione Puglia, Umbria, Valle d’Aosta.
Tra le due in zona rossa, infine, non cambierà nulla per la provincia di Bolzano, con il governatore Arno Kompatscher che ha firmato un'ordinanza che dispone una nuova chiusura di bar e ristoranti. La Sicilia, invece, dovrebbe passare da rosso ad arancione.
Ecco come cambieranno le regioni
I criteri per il cambio di zona
I criteri previsti dall'ultimo Dpcm: si passa in zona arancione con Rt sopra l'1 nel suo valore minimo, mentre si entra in fascia rossa con un Rt sopra 1.25 (sempre considerando il valore inferiore della "forchetta"). Per poter passare ad esempio da arancione a giallo servono due settimane con Rt inferiore a 1. Ma oltre alle nuove soglie Rt per l’ingresso nelle fasce, bisogna guardare al tasso di incidenza (quanti positivi ogni 100mila abitanti) e agli altri 19 parametri riportati nel monitoraggio settimanale (qui i dati regione per regione e l'ultimo report completo dell'Iss). L'assegnazione a una determinata fascia dura almeno due settimane prima che si possa passare alla fascia inferiore (da rossa ad arancione ad esempio). Invece se i dati peggiorano è possibile passare alla zona più restrittiva anche prima delle due settimane.
Il virologo Crisanti sull'indice Rt
"Il sistema di monitoraggio con l'Rt dipende in gran parte dalla capacità di fare tracciamento e verificare l'inizio della sintomatologia. Questo non è facile da fare quando i casi sono molti. C'è poi un altro problema: l'Rt è un indice che ci dice quale è stata la trasmissione una settimana prima, quindi non fotografa la situazione attuale. Sarebbe stato meglio basarsi sull'incidenza, sul numero dei casi giornalieri. Questo valore permette di calcolare indirettamente l'Rt, è leggermente meno preciso però riflette la situazione attuale". E' critico Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Microbiologia dell'Università di Padova, sul metodo usato per valutare l'andamento del contagio nelle doverse aree del Paese. "Le Regioni - ha aggiunto - si sono strenuamente battute contro l'utilizzo dell'incidenza per calcolare l'Rt, perché sull'incidenza non ci sono dubbi sull'interpretazione".
Sulle misure in atto per prevenire la diffusione del contagio, sempre Crisanti è stato molto chiaro: "I contagi non calano perché non ci sono misure sufficienti per farli calare, nel senso che abbiamo raggiunto un equilibrio tra la capacità del virus di trasmettersi e quella nostra di bloccarlo e quindi rimaniamo su questi livelli. E' come se si riempisse una vasca con un rubinetto e l'acqua uscisse dall'altra parte alla stessa velocità. Siamo in equilibrio".
Cosa succede in Lombardia
Il pasticcio dei dati sbagliati, che ha spedito la Lombardia in zona rossa il 15 gennaio nonostante avesse numeri da zona arancione, rende più complicato il destino prossimo della regione. Questo perché, da un lato, al 31 gennaio saranno passati 15 giorni da quando la Regione aveva di fatto numeri da zona arancione, ma solo sette da quando, il 24 gennaio, è entrata effettivamente in area arancione. Per questo motivo sembra non sia possibile rivedere la situazione già ora ma bisogna -salvo colpi di scena clamorosi, attendere il 7 febbraio, così come si legge nell'ordinanza del ministro Speranza del 23 gennaio.