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Cultura e Spettacoli

Alessandro Taverna alla Scala: "Con la musica ricreiamo l’empatia"

Oggi e domani si esibirà con la Filarmonica. "Lavoro su me stesso, senza lasciarmi incantare da sirene e social"

Alessandro Taverna alla Scala: "Con la musica ricreiamo l’empatia"

Il pianista Alessandro Taverna torna a esibirsi. con la Filarmonica della Scala

Alessandro Taverna è un pianista creativo, raffinato e colto; è considerato dalla critica e dal pubblico "l’erede di Benedetti Michelangeli". L’artista si esibirà al Teatro alla Scala con la Filarmonica della Scala diretta da Robert Treviño che sostituisce il maestro Luisi indisposto; appuntamento domani alle 20, questa sera alle 19.30 Prova Aperta a sostegno di "Percorsi inconsueti al Giambellino".

Alessandro Taverna, ritorna alla Filarmonica.

"Mi sono già esibito con loro diretto dal maestro Luisi nel Secondo di Liszt, poi con Chung ho suonato l’Imperatore e con il maestro Chailly a Modena. Tornare a esibirmi con la Filarmonica della Scala è una gioia, per ogni musicista è una meta. Quand’ero bambino ogni domenica assistevo al concerto su Rai 5 della Filarmonica, mi hanno insegnato tantissimo, li porto nel cuore; ho ascoltato esibirsi con l’ensemble Pollini e tanti altri grandi. Esibirmi alla Scala con la Filarmonica è un onore e una responsabilità, cerco di affrontarla con onestà, concentrandomi sul pezzo".

Questa volta è il Concerto per pianoforte n. 20 di Mozart. "Quello che il compositore ha scritto è tutto nella parte non serve aggiungere altro, casomai bisogna togliere. Non dobbiamo fare i protagonisti ma lasciare parlare questa musica senza tempo, il tema, già dall’apertura, è totale; è un concerto che lascia senza parole, noi pianisti possiamo dare la nostra lettura ma deve essere maggiormente fedele a ciò che Mozart ci ha lasciato".

È uscito con elogi dalla scuola di perfezionamento di Imola, poi cos’è accaduto?

"Posso dirlo in modo romantico? Ho cercato di essere me stesso, senza imitare gli altri, sono andato avanti per la mia strada, che la mia coscienza di musicista mi ha suggerito. Viviamo in un’epoca in cui l’immagine conta, siamo in una società di “eroi“ e gli antieroi non piacciono. Costa fatica essere fedeli a una propria morale professionale che richiede serietà d’approccio. Ognuno deve lavorare su sé stesso, senza farsi incantare dalle sirene e anche dai social, che prendono troppo tempo".

Ha partecipato e vinto diversi concorsi internazionali. È ancora importante per un musicista parteciparvi?

"Si sono moltiplicati premi e concorsi; sono diventati la chiave d’accesso, oserei dire “necessaria“ per i giovani pianisti, per far parlare di loro. Questo è un vantaggio. Nei concerti non si devono tradire le aspettative del pubblico. Nei concorsi accade il contrario, uno vuole essere inattaccabile e crea una barriera fra sé e la giuria. Oggi l’empatia è scomparsa, la musica permette a tutti noi di ricrearla".

Il suo repertorio spazia fra epoche e autori. Come lo sceglie?

"Ho avuto il vantaggio, fin da ragazzo, di confrontarmi con un repertorio diversificato. Amo molto il Novecento ma mi misuro spesso con i grandi classici, i romantici; la duttilità è importante, è una carta richiesta a ogni artista. Questo tiene il cervello attivo, devi cercare di essere impegnato su più fronti affrontando tutto con rigore, consapevole che ti devi calare ogni volta in un vestito diverso".

Cosa fa nel tempo libero?

"Ne ho pochissimo. Mi riposo godendo il ritmo quotidiano di casa mia, la semplicità di una passeggiata nei luoghi della mia infanzia, amo osservare la laguna, incontrare gli amici. La musica è la cosa più importante della mia vita ma l’affronto con serenità, l’insegnamento, il contatto con i ragazzi mi aiuta a stare con i piedi per terra. I giovani allievi richiedono tanta energia ma ne rendono altrettanta: ti regalano spunti di riflessione e tu ricambi con la tua esperienza".

La prima cosa che mette in valigia?

"Il phon. Ho un rapporto tormentato con i miei capelli".