Alla scoperta del mito Walter Chiari. Le barzellette diventano inquietudine

Lo spettacolo teatrale "Aspettando Walter Chiari" omaggia la complessa figura dell'artista, esplorando la sua creatività e le sue contraddizioni umane, in scena al Teatro degli Angeli a Milano.

Alla scoperta del mito Walter Chiari. Le barzellette diventano inquietudine

Andrea Carabelli in scena per “Aspettando Walter Chiari“ (Federico Buscarino)

Solo a sentire il nome, si apre una specie di frattura spazio-temporale. E ci si ritrova all’improvviso in un’Italia che fu. In bianco e nero. Tutti stipati a casa del vicino, che magari ti sta pure antipatico ma è l’unico del caseggiato che ha la tv. Per guardare insieme il Varietà della Rai. Col Walter Chiari che racconta le barzellette. Perché all’epoca le barzellette andavano tantissimo, mica erano esclusiva del nonno durante i pranzi di Natale. Ecco: Walter Chiari. Figura complessa dietro quel diluvio di sorrisi e giacche scure. Con un fisico che non poteva che fare l’attore. O magari il soldato, nella Decima Mas, verso la fine del conflitto. Ma, si sa, il teatro si nutre di contraddizioni. Specie le scritture più belle. Come quella di Francesca Sangalli. Che qualche anno fa si è lasciata ispirare dal comico veneto (e da un libro di Michele Sancisi) per “Aspettando Walter Chiari“. Titolo beckettiano. Per un lavoro diretto da Marta Marangoni, da stasera a domenica al Teatro degli Angeli in via Pietro Colletta, all’interno della stagione dell’Oscar DeSidera. "Mi è sempre piaciuto il suo gusto autentico per la divagazione e le storie ingegnose - sottolinea Sangalli - anche quando non hanno una conclusione d’effetto. E amo il suo senso del paradossale, la non linearità del pensiero. Nella struttura dello spettacolo ho cercato di trasmettere questa attitudine. La drammaturgia si apre ad aneddoti o barzellette, costruendo una parabola di vita continuamente interrotta che, prima di arrivare a una conclusione amara, ci permette di apprezzare la sua visione delle storture umane".

Sul palco Andrea Carabelli. In un monologo che omaggia il bagaglio inesauribile dell’artista. Quella creatività superiore, applicata alla parola e all’immaginazione. Ma piano piano si apre alle inquietudini dell’uomo, lì da qualche parte fra le crepe della maschera: dal carcere per droga, ai grandi amori; dall’emarginazione subita dopo lo scandalo, ai ruoli teatrali che lo riportarono al successo. Fino a quella stanzetta di un residence a Niguarda, con addosso tutta la solitudine della periferia. Meglio ridere.

Diego Vincenti