ANNA MANGIAROTTI
Cultura e Spettacoli

Ana e la poesia per cercare felicità: "Può capovolgere la prospettiva. Come il Bramante in San Satiro"

Spagnola di Vila-Real, Vincent Colonques è arrivata a Milano per amore. E ci è rimasta oltre trent’anni "È stato come invaghirsi lentamente di una donna non bella. Ma non sopporto le auto. E il lavoro povero".

Ana Vicent Colonques, originaria della provincia di Valencia: è a Milano dal 1992

Ana Vicent Colonques, originaria della provincia di Valencia: è a Milano dal 1992

A Milano affermarsi come poetessa, Ana Vincent Colonques, è più difficile che integrarsi da spagnola? "Per una nata a Vila-Real, nei pressi di Valencia, non è stato facile nel ‘92 ambientarsi nel grigiore ambrosiano. Ma ero innamorata".

Di un milanese? "Sì: conosciuto in Francia, a Grenoble, dove studiavo. E dove tutti gli italiani facevano strage di cuori. L’ho seguito qui. Conclusa la love story, sono rimasta".

Innamorandosi della città? "Lentamente, come quando fatichi a scoprire il fascino nascosto di una donna che al primo sguardo non trovi bella. E poi i suoi luoghi t’ispirano versi".

Per esempio? "Via Farini, Milano / immigrati e milanesi / veloci, colorati, affannati, stanchi / ... vecchi coi cani, mani dietro la schiena / africani con corpi segnati da viaggi infernali / ... indiani gentili, odore di curry e incensi bruciati / cinesi schizzati, proprietari di suv e di supermercati... sole a destra, tram nel centro / macchine ovunque..."

Troppe? "Sì: non sopporto le auto parcheggiate fin sui marciapiedi".

Invece, cosa le piace? "Piazza Leonardo da Vinci, bella e attrattiva e poco formale. Da improprio parcheggio, trasformata in uno spazio-giardino pedonale aperto agli studenti del Politecnico e alla città".

Ci porta in tour amici e familiari dalla Spagna? "Li porto alla chiesa di San Satiro. Mimetizzata tra i palazzi di via Torino, una viuzza, un solo ingresso nel cortile-sagrato. Con solo 97 centimetri a disposizione per l’abside, il Bramante ha realizzato il trucco, il finto coro bramantesco, capolavoro assoluto della pittura rinascimentale, incredibile gioco d’illusione prospettica, grazie alla volta a botte dipinta a cassettoni, sopra l’altare maggiore, capace di dare respiro allo spazio".

Anche la poesia apre vie di fuga? "Nella fantasia. Capovolgendo la prospettiva della paura e della morte. Studi dell’Università di Harvard dicono che la poesia può agire come potente supporto al benessere psicofisico, accompagnare le persone malate nei loro percorsi terapeutici".

Non a caso il suo editore è “La vita felice“. "Che Gerardo (Mastrullo) continua a far progredire dalla prima collana di poesia, “Labirinti“".

Per questo editore, che pubblica la sua ultima raccolta sia in italiano che in spagnolo, ha anche tradotto la “Gattomachia“ di Lope de Vega, del 1634. Una bella impresa. "Lope de Vega è scrittore prodigioso per fecondità e facilità d’invenzione. Il suo è il verso più dolce nella poesia spagnola".

Tra comicità e tenero strazio, ha raccontato la guerra tra i due rivali innamorati della leggiadra gatta Zapachilda. Nelle sue poesie, Ana, affetti e amore hanno grande spazio. "Sì, oltre al disorientamento esistenziale, alla ricerca di un senso, e all’indifferenza verso i problemi della nostra società".

Temi che molto l’avvicinano ai milanesi. Esterofili, con una simpatia più spiccata per gli spagnoli, i nostri concittadini l’apprezzano come poetessa che denuncia cosa in particolare? "Le rispondo in versi: Giornate faticose a vedere rovine umani / mendicanti e Porsche impossibili da parcheggiare / Porte che chiudono mondi e aprono voragini / di disuguaglianze e ambiguità. Oggi, a Milano, poveri sono anche quelli che lavorano".