
L’attore Ascanio Celestini, 52 anni
Bisognava passare il 24 aprile da Niguarda. Per comprendere lo spirito battagliero del Teatro della Cooperativa di Renato Sarti. Lì indomito fra le barricate che omaggiavano la Resistenza di 80 anni fa. Ancora una volta in mezzo a una strada per raccontare della partigiana Lia e di chi si è sacrificato giovanissimo per liberare il Paese dalla violenza nera, nazi-fascista. Mica facile trovare quel senso di militanza (e di onestà intellettuale) che si respira in via Hermada. E non a caso a tanti fa comunque piacere essere presenti in stagione, fosse solo per un rapido saluto.
Come succede oggi con Ascanio Celestini ne "Il piccolo paese", evento speciale in programma alle 20. Brevi storie. Frammenti di vita e di esistenze. Accompagnati in scena dalla fisarmonica di Gianluca Casadei. "Nei miei racconti cerco di mettere insieme le parole e non dei fatti – spiega l’attore romano –. Certe volte non accade niente. Un meccanismo che si inceppa è l’unico avvenimento. Spesso i personaggi non hanno nome e le relazioni arrivano quasi ad azzerarsi. Ci sono le parole che diventano semplici come rotelle di un ingranaggio, come chiodi che tengono insieme dei pezzi di legno. I Racconti del Piccolo Paese sono microstorie che iniziano e finiscono in pochi minuti, una specie di concept album dove canzoni diverse raccontano un unico luogo.
Qualcuna proviene dalla tradizione popolare, ma tutte hanno in comune l’improvvisazione. Salgo in scena senza copione e scaletta". Dettaglio quasi secondario, considerando che si parla di Ascanio Celestini. Gran maestro della parola. Che lavorando sulla narrazione e l’affabulazione, ha tracciato un (profondo) segno autoriale sul teatro italiano. Fin dagli anni 90. A Niguarda passa quindi con una sorta di jamming drammaturgico. Sgranando sul palco un album di profili unici e marginali. Una Spoon River. Di figure minuscole eppure da raccontare. Alcune simboliche, altre a perdersi fra le pagine di chissà che cosa.
Poco più di una conversazione, di un ricordo. Ma d’altronde non è alla fine tutto quello che rimane? Nel migliore dei casi, s’intende.
Diego Vincenti