GRAZIA LISSI
Cultura e Spettacoli

Beatrice Rana, star del piano: "Sul palco incontro me stessa"

La musicista nota in tutto il mondo al Conservatorio con le sue interpretazioni di Ravel e Bizet "Milano mi ha dato tanto, a iniziare da un maestro che ha creduto in me da giovanissima".

Beatrice Rana, star del piano: "Sul palco incontro me stessa"

Beatrice Rana, 31 anni

Alla fine di ogni concerto di Beatrice Rana resta un po’ di nostalgia; è difficile staccarsi dalla purezza delle sue interpretazioni. Dopo l’esibizione alla Scala la pianista italiana - acclamata nei maggiori teatri al mondo - torna domani a Milano per la Società dei Concerti al Conservatorio. Dove propone “Concerto in sol“ e “Pavane pour une infante défunte“ di Ravel e la “Sinfonia di do maggiore“ di Bizet accompagnata dall’Orchestra Haydn diretta da Michele Spotti.

Beatrice Rana, parliamo di Ravel e della sua perfezione.

"È la prima volta che suono questo concerto, un capolavoro amato da tutti i pianisti, con uno dei secondi movimenti più commoventi mai scritti; è piacevole da eseguire, risente delle influenze inizio Novecento, fra cui il jazz con i suoi ritmi svasati. Suonarlo è il coronamento di un sogno".

Ha dato anche una grande interpretazione alla Scala di “Gaspard la nuit“.

"Amo Ravel e quel brano è, per me, un amore assoluto. Gaspard ha segnato la mia esistenza pianistica. Ho debuttato a 14 anni e a 18, sempre con quel brano, ho vinto il Concorso Internazionale di Montréal. Non lo suonavo da allora, è stata un’emozione immensa ritrovarlo e riproporlo alla Scala".

Lei e Ravel. Com’è riuscita a creare un’affinità così profonda con un autore considerato “difficile“?

"La mia storia con lui è iniziata prestissimo, è un baluardo della musica francese, mi ha insegnato un particolare approccio al pianofort. Ravel mi permette di usare il pianoforte in maniera inedita, come fosse una tavolozza di colori, nello stesso tempo la sua scrittura è precisa come un orologio svizzero. È vero, è molto difficile".

Cosa crede di aver ricevuto da Milano?

"Sono legatissima alla città, offre tanto a tutti. Prima ancora di vincere i concorsi a cui ho partecipato, ho debuttato alla Società dei Concerti, chiamata direttamente da Antonio Mormone. Avere qualcuno che crede in te, anche se sei giovanissima e sconosciuta, è fondamentale per ogni musicista. Inoltre non dimenticherò mai la prima volta che ho suonato alla Scala e la prima volta che l’ho visitata. Mio zio racconta che quando avevo sei anni ci portò al Museo, il teatro era chiuso per restauro. Uscendo commentai: “Mi piacerebbe suonare qui“. È avvenuto più volte".

Lei è alfiere del pianismo italiano nel mondo.

"Ne sono orgogliosa ma è una bella responsabilità, i mie predecessori sono Benedetti Michelangeli, Pollini e hanno segnato la storia della musica. L’Italia continua a essere il simbolo della cultura nel mondo; la sua scuola pianistica è eccezionale, abbiamo tantissimi talenti da far conoscere. All’inizio della carriera ogni ambizione per il futuro mi sembrava esagerata, oggi collaboro a tanti progetti nel mondo".

Cosa significa, per lei, condividere l’amore per la musica in famiglia?

"Per noi era come il pane quotidiano, per questo sono qui. I miei genitori sono musicisti ma apprezzo la loro capacità di essere un supporto sia per me, sia per mia sorella".

Non ha mai avuto paura del pubblico?

"No, sento solo adrenalina. Non mi abituerò mai, è la sfida di questo mestiere, per me non sarà mai di routine. Sul palcoscenico incontro me stessa".