
Bernardo Bertolucci con il Leone alla carriera
La sua Parma lo ha ricordato oggi con l'iniziativa "Buon compleanno, Maestro!" in piazza Garibaldi. Il 16 marzo di 80 anni fa nasceva infatti Bernardo Bertolucci, uno dei maestri del cinema italiano, acclamato a livello internazionale, capace di raccontare il passato e il presente, di alternare piccole produzioni ad autentici e sontuosi kolossal, come quell'Ultimo Imperatore che collezionò nel 1988 9 premi Oscar - tra cui quello al miglior film e alla miglior regia - che ne sancirono la grandezza. Ma Bertolucci è stato prima di tutto un cinefilo intettettuale, figlio del poeta Attilio, fratello di un altro regista, sperimentatore, come Giuseppe. Capace di passare dalla campagna emiliana ai salotti parigini, dall'attivismo politico all'amore immenso per il grande schermo, con una passione dichiarata per Godard (che premiò a Venezia, non aèppena fu presidente di giuria). Scomparso nel 2017, resta uno dei numeri della nostra cinematografia, trait d'union tra i grandi maestri del Dopoguerra e i registi cinquantenni di oggi.
Il suo ingresso sul set è precocissimo: a vent'anni, nel 1961, è assistente alla regia di Pier Paolo Pasolini per "Accattone". Un'esperienza fondamentale non solo perché consce Adriana Asti, che diventerà a lungo la sua compagna, ma come influenza sui suoi primi passi: il debutto infatti è dell'anno seguente con "La commare secca", scritto proprio da Pasolini. Da quel momento, però, la sua cinepresa si sposta sulle turbolenze del mondo che sta cambiando, con un'a'ttenzione particolare, che lo accompagnerà sempre, sullo sguardo dei giovani, sulle loro ambizioni e i loro sogni, veicolo delle urgenze della società E' già così in "Prima della rivoluzione" (1964), dove un ragazzo della borghesia agricola di Parma, sconvolto dal suicidio di un amico, si getta nella relazione con una matura zia. Politica, ideali, sessualità e ambiguità si rincorrono ancora in "Partner" con Clémenti, in "La strategia del ragno", con Alida Valli, ed esplodono nel durissimo "Il conformista" del 1970, uno sguardo pubblico-privato sul Ventennio, con Trintignant-Sandrelli-Sanda che ne fa esplodere il talento.
Il successo, enorme, e le polemiche, anche più impetuose, che gli danno la notorietà mondiale arrivano però nel 1972 con "Ultimo tango a Parigi", dove protagonista è un gigantesco Marlon Brando. Il film in Italia verrà pure ritirato (ma sarà uno straordnario successo al box office) con tanto di sentenza di Cassazione nel '76 e condanna del regista per offesa al comune senso del pudore. E si porterà dietro per sempre un'aura di scandalo, alimenatata anche dalle accuse di manipolazione dell'attrice Maria Schneider. A quel punto, ormai regista-divo, nel '76 si può concedere un film-fiume come "Novecento", con star come De Niro, Sutherland e Depardieu, ancora un'incursione nella Storia, quella parmense e quella italiana, tra fascisti e comunisti, lotta di classe e rivolte contadine. Il tema della droga - erano gli anni dell'eroina che bruciò una generazione - e dell'incesto sono alla base di "La Luna". Mentre nel 1981 con "La tragedia di un uomo ridicolo" regala a Ugo Tognazzi uno dei suoi ruoli più intensi.
Dal 1987 inizia la sua personale trilogia "esotica" con opere internazionali anche nell'ambientazione. "L'ultimo imperatore", nella Cina della Seconda Guerra mondiale che aspettava la rivoluzione maoista, ha fatto epoca. Nel 1990 arriva "Il tè nel deserto", da Paul Bowles, con la coppia Debra Winger-John Malkovich. E nel 1993 l'ambizioso "Piccolo Buddha" con Keanu Reeves giovane Siddartha.
Torna in Italia, ma sempre girando in inglese, e torna a racocontare quella borghesia contraddittoria e decadente dei suoi primi film con "Io ballo da sola" (1996), cui seguiranno "L'assedio" (1998), quasi un gioco minimalista scritto con Clare Peploe sua moglie dal '78, e il ritorno nella "sua" Parigi per "The Dreamers" (2003) dove ancora si interecciano le due rivoluzioni del 1968, quella sessuale e quella politica, ancora attraverso lo sguardo di un terzetto di giovanissimi (e i rimandi alla Nouvelle Vague si sprecano). E' il momento dei grandi omaggi: nel 2007 ril Leone d'oro a Venezia, nel 2011 la Palma d'oro alla carriera a Cannes. Ma, già minato nel fisico ma non nella poetica, nel 2012 torna alla regia con "Io e te", dal romanzo di Niccolò Ammaniti: sullo schermo due giovani, ancora, e lo sguardo sempre orientato sul futuro.