
Il cantautore italiano Bungaro
Milano, 17 maggio 2018 - Una ragione di più. L’ultima volta al Festival c’era stato nel 2004 con “Guardastelle”, ma quest’anno per Antonio “Tony” Bungaro in Riviera c’era la presenza di Ornella Vanoni ad imporgli un Sanremo da protagonista. Missione compiuta, a giudicare dal quinto posto di “Imparare ad amarsi” e dal favore mostrato delle radio verso il pezzo che stasera “deposita” l’autore brindisino, al secolo Antonio Calò, sul palco del Blue Note. Il tour è a sostegno dell’ultima fatica “Maredentro il viaggio”, album dal vivo in cui trovano spazio, oltre ad una versione della hit sanremese interpretata solo da lui, altri due inediti di valore quali “Le previsioni della mia felicità” (il videoclip è interpretato dalle sorelle Fontana di “Indivisibili”) e “Amore del mio amore”. In scena pure Antonio Fresa al pianoforte, Gabriela Ungureanu al violoncello, Armand Priftuli a viola e violino, Antonio de Luise al contrabbasso, Marco Pacassoni a vibrafono, percussioni e batteria.
Bungaro, soddisfatto di questo Sanremo a tre con Ornella e Pacifico?
«Sì, perché sono arrivato al Festival portandomi dietro i successi della colonna sonora di “Perfetti sconosciuti” e questo mi ha dato forza, oltre che serenità. Me la sono proprio goduta».
Quando Baglioni le ha proposto di condividere la sua “Imparare ad amarsi” con la Vanoni, ha detto subito di sì?
«Avendo già scritto per lei alcuni brani dell’album “Una bellissima ragazza” (Premio Lunezia - ndr) ed essendoci ritrovati poi all’Auditorium Parco della Musica di Roma per omaggiare Vinicius De Moraes, conoscevo abbastanza bene la sua bravura e l’imprevedibilità di Ornella. Lei ha sentito il bisogno di aggiungere al testo il suo punto di vista e così abbiamo imbarcato nel progetto pure Pacifico, con cui avevo già scritto e lavorato».
Le vostre capacità sono svettate subito in una vetrina come quella del Festival.
«Oggi i nuovi autori scrivono in modo molto veloce, mentre il mio approccio con la canzone rimane artigianale, frutto sempre di un’ispirazione. Questo perché, se c’è ispirazione, c’è verità. Aver scritto per Ornella e per altre “voci pensanti” come Fiorella Mannoia, Giusy Ferreri, Malika Ayane, mi avvantaggia, aiutandomi a parlare d’amore senza scivolare nella retorica».
Lo spettacolo del Blue Note poggia sul repertorio dell’ultimo album in studio “Maredentro”.
«“Maredentro” è un progetto un po’ atipico in cui sento l’esigenza di rispondere all’elettronica di questi tempi con viola e violoncello. Un bisogno che nasce da quello che mi si muove attorno e da cui affiora il mio amore per il Brasile, per il Giappone, per la Francia, per un certo tipo di arte contemporanea, con un filo conduttore che unisce dalla prima all’ultima canzone».
Com’è nato questo suo ultimo progetto da cui ha tratto pure un disco live?
«Prima di metterci al lavoro, ho parlato con i miei “compagni di strada”, di libri, di cinema, di architettura, per stimolare il loro senso di bello in vista del lavoro che ci attendeva. Li ho pure invitati a casa mia, per farli vivere tra quegli oggetti accumulati nell’arco di una vita, e quindi per me preziosissimi, che volevo lasciassero un’impronta nelle nuove canzoni».
L’anima delle cose. Lo spirito è un po’ quello di “Casa” l’album di composizioni di Antonio Carlos Jobim registrato da Ryuichi Sakamoto e da Jaques e Paula Morelenbaum tra le pareti domestiche del grande compositore brasiliano.
«Esatto. Fra l’altro io ho una passione per Sakamoto e ho collaborato con Morelembaum. A proposito di Brasile, pochi sanno che assieme ad un altro fantastico musicista di laggiù, Ivan Lins, ho inciso “InventaRio”, album candidato perfino al Latin Grammy».
Perché ha voluto mettere nel disco perfino “L’ombelico del mondo” di Jovanotti.
«L’ho ripresa per “meridionalizzarla” sotto il sole del mio Salento. Quando prendi un pezzo così importante e lo stravolgi il rischio è grosso, ma a Lorenzo la rielaborazione è piaciuta molto e sui social ha speso per me parole bellissime».