Dove sono finite oggi le nostre emozioni? Vuoto emotivo, indifferenza, solitudine, omologazione, anestesia d’animo avvolgono sempre più la società moderna. Un antidoto c’è ed è firmato Paolo Crepet: empatia, innovazione, ribellione, originalità. Fino a “Mordere il cielo”, titolo del suo ultimo libro e dello spettacolo che porterà in scena al Teatro degli Arcimboldi il 10 febbraio.
Professor Crepet, quanto ha influito il recente progresso digitale sull’anestesia dell’anima?
"È abbastanza evidente che abbiamo accettato in qualche modo la tecnologia. Non è caduto un meteorite, è l’evoluzione della nostra società che non è andata come pensavamo. Ogni innovazione ha portato un miglioramento, a partire dall’invenzione della ruota. Ma alcune sono state dei boomerang. Nel caso specifico attuale, non abbiamo o non abbiamo voluto fare i conti con ciò che avremmo perso e, quindi, oggi siamo alle prese con una disarmonia spaventosa nel pianeta e con la grande difficoltà di trovare una nuova dimensione".
La maggior parte dei giovani, oggi, vive una vita virtuale più che reale, il che comporta inevitabilmente insensibilità e solitudine.
"Il contrario di questo costa. Il baratto è avvenuto in maniera molto semplice: qualcuno ha pensato che vendere comodità al resto del mondo fosse un grande business. E aveva ragione. Muoversi di meno, ricevere una foto senza recarsi in quel luogo, incontrare meno persone, tanto facciamo una telefonatina… tutto questo ci è piaciuto".
Ma si è pensato alle conseguenze sulle nuove generazioni?
"Qualcuno ci ha pensato e ha detto “È esattamente quello che voglio!”. È da 15 anni che si parla di intelligenza artificiale, già adesso siamo nell’impossibilità di farne a meno, una droga quotidiana. Il futuro dipenderà da quante persone saranno disobbedienti".
Il ruolo della famiglia è fondamentale, come guida nel disobbedire. Cosa ne pensa?
"La famiglia è fatta di esempi. Il nipote dal nonno artigiano impara un lavoro e, soprattutto, che lavorare non è solo fatica e guadagno, è anche stare bene. Ma oggi non esiste più il nonno artigiano, contadino e nemmeno la nonna che metteva le cipolle sott’aceto. Quindi viene meno un mondo. Il problema è che ci hanno detto: “Ma chi se ne importa di quel mondo che va via, le cipolle arrivano con Amazon!”. Io penso che a una crisi globale, quale questa è, non ci sarà una risposta globale. Ci saranno risposte frammentarie e diverse fra loro. Io credo che ci siano già oggi dei ragazzi che non vogliono dire sempre e solo sì, che non vogliono abdicare alla vita per aspettare l’eredità".
Nonostante vivano in una società di omologati?
"Certo non è facile, è tutto difficile nella vita perchè sennò si chiamerebbe sopravvivenza. Bisogna smettere di dare le comodità a ‘sti ragazzi. Chi tollera un sedicenne sul divano? Otto famiglie su 10. E poi escono al baretto, si fanno una canna, le ragazze hanno tutte lo stesso rossetto. C’è un’omologazione che fa paura".
Di fronte a ciò non si può pensare che sia la maggioranza a insorgere contro questa crisi globale.
"Anche le 5 giornate della resistenza furono fatte da una minoranza. Dobbiamo premiare le persone che la pensano in modo diverso. Pensi a Jannik Sinner, lo celebriamo perché vince un grande torneo di tennis, ma va celebrato come ragazzo che ha lasciato le comodità e la sua casa inseguendo una passione. Abbiamo esempi davanti. E poi: vuoi la paghetta? Vuoi che ti mandi a Ibiza? Guardi che la crisi è quella dei genitori! Lo dicevo 30 anni fa quando scrissi “Non siamo capaci di ascoltarli”, ma nessuno mi credeva…".
Come vede i genitori di oggi? Fragili e iperprotettivi?
"A proposito di fragilità, c’è una parte consistente delle forze politiche che, data la supposta fragilità dei giovani, vuole riempire le scuole medie e superiori di psicologi. Cioè, non solo l’abbiamo fatta grossa ma... perchè gli psicologi? Sono tutti psicopatici? Chi l’ha detto? Certo che a 16 anni hai una crisi, ma chi non l’ha avuta. Ma perchè devi essere subito coccolato? ‘Sti genitori “dell’esercito della salvezza”… Son subito lì con il fazzolettino sotto gli occhi perchè piangono, ma mia madre sa dove mi mandava? Adesso sono tutti fragili. C’è un marketing della fragilità: più fragili sono, più vendiamo psicofarmaci, più psicoterapie, meno aspettative su di loro. E cosa diventa la vita? Un’eterna aspettativa di eredità. Quindi il nonno serve come i re magi a essere portatore di un dono che tu non devi guadagnare, per cui non devi assolutamente faticare. Guardi che questa è la fine dell’occidente!".
Cosa pensa delle scuole che utilizzano i dispositivi digitali?
"Tanto per cominciare in Australia li hanno proibiti ai minori di 16 anni, legge nazionale, fine. Distrae, si fa fatica ad apprendere, si avranno danni alla memoria, non solo al talento cognitivo ma anche a quello relazionale, emotivo. Poi per forza servono gli psicologi...Ma mandateli da qualche parte ‘sti ragazzi, a giocare insieme. Io sarei per far rinascere le colonie, meglio essere in un bosco a cercare le lucciole della playstation!".
Quindi, c’è ancora speranza per “mordere il cielo”?
"La speranza c’è sempre, basta uscire. Ma non so se la vogliamo avere la speranza. Un tempo la speranza era il palinsesto dell’umanità perchè eravamo dei disgraziati che morivano a 35 anni, ora che arriviamo oltre i 90 anni con gli occhi su uno schermo… allora era meglio morire a 60 sulla punta di una bella nave da crociera".
Un messaggio accorato ai genitori di oggi?
"Fate ciò che vorreste vostro figlio facesse. Inutile dire di non stare sul telefono ai ragazzini quando gli adulti lo usano h24, per fare reel e selfie".
E un messaggio sentito alla generazione Z?
"Fate i giovani, siate dissacranti, critici, eretici, innovativi davvero, non siate dei followers".