
Giorgio Panariello, Carlo Conti e Leonardo Pieraccioni
Assago, 1 ottobre 2016 - Tre uomini a zonzo. Neanche fossimo in un libro di J.K. Jerome. Solo che i tre in questione si chiamano Giorgio Panariello, Carlo Conti e Leonardo Pieraccioni. Che vent’anni fa con il nome di “Fratelli d’Italia” sbancavano i botteghini dei teatri toscani. E ora hanno pensato bene di riproporsi su scala nazionale. Nasce così “Il Tour”, festa fra amici stasera alle 21 al Mediolanum Forum (29 euro). Puro intrattenimento. Oltre alla voglia di stare insieme. Come racconta il neodirettore di Radio Rai, nonché padrone di casa di Sanremo e di una lista lunga così di programmi.
Carlo Conti, in pratica avete rimesso insieme i Fratelli d’Italia…
«Proprio così. In quel periodo eravamo superfamosi ma solo nella nostra regione. Non che non fosse stata dura anche in Toscana. Ricordo bene una serata a Grosseto in cui l’incasso fu inferiore alla somma delle multe prese con le auto».
Gli anni della gavetta.
«Esatto, il momento più importante di una carriera. E l’abbiamo passato insieme. Una sera ti ritrovi a fare spettacolo davanti a sette persone e quella dopo davanti a settemila. E le assicuro che è molto più difficile catturare l’attenzione di quei sette! Una grande scuola a base di incontri e imprevisti».
Perché la scelta di riunirsi?
«Era tanto che ci pensavamo. Quando un anno fa ci siamo ritrovati sul palco a Firenze per festeggiare Francesco Nuti ci siamo detti: o adesso o mai più. E così abbiamo deciso di annunciarlo a Sanremo e di ricominciare a scrivere. Lo spirito rimane lo stesso, io sono la spalla e il parafulmine».
Che rapporto avete?
«Leonardo è figlio unico come me, siamo il fratello che l’altro non ha mai avuto. A Firenze la domenica sera si va al ristorante con un paio di amici storici. Lo stesso posso dire per Giorgio: oltre a essere la persona con cui ho lavorato di più nella mia carriera, fin dai tempi di “Aria Fresca” su Tmc. Ci ha sempre contraddistinto la felicità di fare questo mestiere, il divertimento. Credo si percepisca: rimaniamo scanzonati».
Cosa succede sul palco?
«Giorgio e Leonardo si ritagliano alcune parti singole, visto che sono grandi monologhisti. Io faccio quello che cerca di alzare un po’ il livello, ma ovviamente non ci riesco. Come organizzare un talent di poeti, “MonTale e Quale”... Che poi è solo lo spunto per riproporre un po’ di vecchi personaggi».
A vederla pare un periodo particolarmente fortunato.
«Saranno ormai 15 anni che verso dicembre mi ripeto: questo è un anno da incorniciare. Ormai è una cornice enorme, a matrioska. Credo che la differenza la facciano il cuore e i dettagli, la leggerezza sul lavoro ma anche l’artigianato».
Quando è stato il momento della svolta?
«Nel ’98 con “In bocca al lupo”, il preserale dei record. Una fascia importantissima, è lì che nasce l’affetto col pubblico, gli italiani ti fanno cenare con loro. Mi resi conto che stava cambiando qualcosa. E che finalmente uscivo dalla Toscana».