
Elephant Brain
Milano, 18 aprile 2021 - L’emergenza coronavirus ha fermato la musica live per più di un anno. E non è ancora finita. È successo alle grandi band, che hanno dovuto far slittare i loro tour di un anno, anzi due, ma anche a migliaia di piccoli gruppi desiderosi di emergere e di proporre le loro canzoni dal vivo. La storia degli Elephant Brain, una giovane band di Perugia, testimonia la frustrazione di artisti che non solo non si sono più potuti esibire su un palco davanti a un pubblico, ma hanno dovuto persino smettere di vedersi in sala prove per scongiurare il rischio contagio.
In più, la storia dei cinque Elephant Brain – Vincenzo Garofalo alla voce e alla chitarra, Andrea Mancini alla chitarra solista, Emilio Balducci alla chitarra ritmica, Roberto Duca al basso e Giacomo Ricci alla batteria – colpisce per un altro particolare. Nel loro album “Niente di speciale”, pubblicato nel gennaio 2020, appena prima dello scoppio della pandemia, la prima canzone si intitola “Quando finirà” ed è involontariamente profetica. Sì, perché alcuni versi del brano sembrano scritti durante l’emergenza sanitaria, non prima: «Quando tutto questo finirà / sarò una nazione da ricostruire / una città messa in ginocchio dalla fame / una parola sola / e tutto questo finirà». Parole profetiche? «Un po’ sì – sorride Andrea Mancini, chitarrista e principale autore dei testi della band – ma se avessimo avuto veramente la sfera di cristallo non avremmo mai fatto uscire un disco poco prima dell’inizio di una emergenza pandemica che ha bloccato il Paese, un fatto che ha tagliato le gambe alla promozione dell’album».
Un vero peccato, perché “Niente di speciale” è veramente un gran bel disco – le perle sono “Scappare sempre”, “Soffocare”, “Restiamo quando ve ne andate”, a mio modesto avviso – frutto di un lavoro durato tre anni in un garage trasformato prima in sala prove e poi in sala di registrazione a Mantignana, Corciano, vicino a Perugia: la seconda casa degli Elephant Brain, il Fuori Produzioni, dove hanno affinato il loro sound alternative rock con sfumature punk che si ispira a band contemporanee americane come Foo Fighters Tiny Moving Parts, American Football, Touché Amoré, PUP, Japandroids. Per quanto riguarda i testi, invece, i cinque ragazzi perugini sono stati influenzati dallo stile di scrittura contenuto nel disco “Una Somma di Piccole Cose” del cantautore Niccolò Fabi.
Già, ma “Niente di speciale” deve ancora mostrare tutte le sue potenzialità durante i concerti dal vivo. Lo “stop the rock” causato dall’emergenza Covid ha fermato i live proprio quando il disco degli Elephant Brain avrebbe potuto spiccare il volo: «È un colpo che ci ha fatto soffrire molto – racconta il talentuoso Mancini –. Dopo tutti gli anni di lavoro sull’album, abbiamo fatto due concerti a Perugia nel gennaio 2020 e subito dopo avevamo un tour programmato con date in varie città italiane. Eravamo carichi per partire. Ma è arrivata la mazzata. Si è bloccato tutto. Certo, noi lavoriamo e studiamo, non abbiamo la musica come primo lavoro, per chi ce l’ha il problema è ancora maggiore, ma il rammarico di non aver potuto far conoscere meglio il nostro album resta». E “quando tutto questo finirà”, come recita la vostra canzone, cosa avete intenzione di fare? «Tornare subito a suonare insieme. Il tour che avevamo programmato nel 2020 andrà rivisto, perché bisognerà verificare quali locali sono riusciti a sopravvivere a questa gravissima crisi per la musica live. Ma soprattutto vogliamo tornare a confrontarci e a creare insieme musica, di persona, in sala prove, come prima dell’emergenza Covid». Eh sì, quando tutto questo finirà, il rock tornerà a vivere.