DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Davide Enia narra Cosa Nostra : "Il teatro, mediazione necessaria"

Da stasera al 17 aprile al Piccolo che coproduce lo spettacolo. Il drammaturgo è artista associato "Le bombe che uccisero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, vicende sulle quali non c’è verità".

Da stasera al 17 aprile al Piccolo che coproduce lo spettacolo. Il drammaturgo è artista associato "Le bombe che uccisero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, vicende sulle quali non c’è verità".

Da stasera al 17 aprile al Piccolo che coproduce lo spettacolo. Il drammaturgo è artista associato "Le bombe che uccisero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, vicende sulle quali non c’è verità".

Custode della memoria. Sindaco non eletto della sua Palermo. Profondo conoscitore del calcio e delle sue metafore. É un po’ questo l’orizzonte in cui si muove il teatro di Davide Enia (nella foto). Territorio fertile di narrazioni civili, dove le ferite mafiose s’intrecciano alle parabole esistenziali delle persone comuni, i temi della contemporaneità (Potere e violenza, in altri casi l’immigrazione) con un respiro ramificato, di stampo para-autobiografico. Come succede ancora una volta in "Autoritratto", da stasera al 17 aprile al Piccolo Teatro Grassi che coproduce lo spettacolo. D’altronde il drammaturgo siciliano è da tempo artista associato. A conferma di un dialogo mai interrotto in questi anni. Nonostante oggi il suo sguardo appaia abbastanza anomalo nella scuderia del palcoscenico milanese. Il pubblico lo segue con passione. Le sue storie in scena scuotono fin dagli esordi con "Italia-Brasile 3 a 2". Era il 2002. Da allora un percorso con al centro la parola. Che qui s’intreccia di nuovo al cunto, al dialetto, all’indagine sul ritmo e sul corpo. Per raccontare di una vita segnata dai continui incontri con Cosa Nostra: gli attentati del 1992, i cadaveri per strada, le bombe in città e i conoscenti uccisi dalla mafia. "Il lavoro è un’orazione civile – spiega Enia –, una tragedia e un’interrogazione linguistica. Un processo di autoanalisi, personale e condiviso. Un autoritratto al contempo intimo e collettivo".

Per chi volesse approfondire, il testo è pubblicato da Sellerio. E a voler allargare il discorso, con la lettura si potrebbe arrivare fino a "Così in terra", ottimo debutto letterario di qualche anno fa. Intanto però ci si ritrova sul palco di via Rovello. Tre settimane di repliche. Tenitura (quasi) lunga. Con lo spettacolo impreziosito dalle musiche composte ed eseguite da Giulio Barocchieri. Mentre emerge una realtà vivida e caleidoscopica. Un’epica isolana. Che profuma di Mediterraneo. Ma capace di sedurre un po’ ovunque. Da oltre vent’anni.

"Mi interessa il movimento che è proprio del teatro – conclude l’attore palermitano –: riuscire a condividere un’esperienza che impatta sulla coscienza collettiva e, al tempo stesso, sull’esperienza intima di ogni singolo spettatore. Parlo di episodi cruciali della storia d’Italia che coincisero con le settimane del mio esame di maturità: le bombe che uccisero Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, vicende sulle quali non è stata stabilità la verità dei fatti. Il teatro ci insegna che la verità è sempre innominabile e richiede la mediazione artistica perché ne affiorino i contorni. Così, con "Autoritratto", spogliamo i teatri, li lasciamo vuoti, privi di quinte, quasi fossero il deposito dell’inconscio. Non sappiamo che cosa troveremo, come non sappiamo che cosa si annida nell’intimo di ciascuno: ne scorgiamo dei segni, che è necessario nominare perché possa avere inizio l’opera di cicatrizzazione".