Amato e dileggiato, nostalgico di un passato o innovatore musicale? A cent’anni dalla sua scomparsa Giacomo Puccini continua a suscitare dibattiti. Filippo Del Corno s’interroga e ci interroga sul compositore in “Puccini ‘900. La seduzione della modernità“. Il libro sarà presentato alle 18 alla Scala, Ridotto dei palchi Toscanini. Ingresso libero fino a esaurimento posti. Compositore raffinato, ex assessore alla Cultura del Comune di Milano, ha fondato con Miotto e Boccadoro “Sentieri selvaggi“.
Filippo Del Corno, quanto è stato importante Puccini per la musica del ventesimo secolo?
"Importantissimo anche se questa cosa non è stata ben indagata. Si è sempre iscritto l’opera di Puccini come un fenomeno epigonico della tradizione del melodramma italiano. Invece il compositore è un protagonista delle stagioni delle avanguardie del ’900, appartiene al movimento di trasformazione, evoluzione, rivoluzione dei codici linguistici e musicali; è un protagonista come Schönberg, Stravinskij, Debussy. Puccini si esprime attraverso il linguaggio del melodramma italiano perché è la sua formazione, il suo campo di lavoro ma ciò che compie all’interno del linguaggio musicale internazionale è moderno".
Perché, per lungo tempo è stato considerato il "compositore delle sartine"?
"Ha agito una doppia incomprensione. La prima è stata la critica ufficiale che lo ha considerato autore secondario perché aveva successo popolare, una caratteristica sospetta per certi critici. Il secondo pregiudizio nasce dalla connotazione sentimentale delle sue opere che aveva generato una fama internazionale; molti pensavano che Puccini mettesse in atto un meccanismo ricattatorio attraverso l’uso dei sentimenti per catturare l’attenzione degli ascoltatori. Puccini agisce sviluppando un meccanismo d’identificazione degli ascoltatori con i protagonisti delle sue opere. Il tempo nei lavori pucciniani diventa quello della realtà, noi ci immedesimiamo con il suo racconto temporale, lo stesso della nostra vita; il compositore è coevo a Bergson e a Freud, la sua partecipazione alle avanguardie della sua epoca lo spinge verso queste idee che entrano nel suo lavoro".
Puccini non finirà la sua ultima opera "Turandot" e per decenni si ascolterà il finale scritto da Alfano.
"Il finale di Alfano assolve per anni il compito drammaturgico di sciogliere la tensione emotiva provocata dal suicidio di Liù e realizzare il primo finale positivo nell’opera pucciniana. Musicalmente l’operazione di Alfano è irrisolta, quella più interessante, più vicina al teatro di Puccini resta quella di Berio che esplora le innovative vie che Puccini aveva pensato".
Qual è stata la prima opera di Puccini che ha ascoltato?
"Madama Butterfly, è stata anche la prima opera che ho ascoltato nella mia vita. Ero molto piccolo e mio padre mi portò alla Scala. Oggi l’opera che ascolto, e amo maggiormente è "Il tabarro"".
Del Corno, non le spiace aver lasciato la politica culturale milanese?
"Sono un compositore, musicista, insegnante, e sono tornato alla mia vita: la musica".