
Frankenstein, il mostro. O così almeno vuole l’immaginario comune. In realtà creatura bellissima (nel romanzo), nonostante l’assemblaggio cadaverico. Grande successo...
Frankenstein, il mostro. O così almeno vuole l’immaginario comune. In realtà creatura bellissima (nel romanzo), nonostante l’assemblaggio cadaverico. Grande successo scientifico per il suo autore, moderno Prometeo dall’ambizione divina: donare vita ma non nei metodi tradizionali.
Per così dire. Perché allora il giovane ricercatore rifiuta poi il figlioccio? Su questo si é interrogata Ivonne Capece, direttrice del Teatro Fontana. Che da domani a domenica porta in via Boltraffio il suo "Frankenstein", scritto dalla stessa regista ma affidato sul palco a Maria Laura Palmeri, con contributi video di Lara Di Bello e Giuditta Mingucci. In un ibrido di linguaggi che si conferma caratteristica fondante la visione di Capece.
Qui a sperimentare nuove tecnologie applicate alla scena, con l’utilizzo ad esempio di cuffie wireless per gli spettatori e audio binaurale, registrazione stereofonica tridimensionale. Mentre immagini e parole intrecciano il libro del 1818 con le vicende della sua autrice: Mary Shelley. Scrittrice geniale in lotta con il mondo, il patriarcato, sé stessa.
"Questo allestimento racconta un’epoca in cui essere donne e artiste poteva essere un serio problema – sottolinea la direttrice –, in cui ci si poteva sentire "mostruose" se si partorivano libri invece di figli o se si conviveva con un uomo invece di sposarlo. Si racconta di un’epoca in cui una Creatrice teme la genialità della sua Creatura ed è costretta a giustificare la grandezza delle sue ambizioni". Viaggio immersivo. Prodotto da Elsinor. Un salto nella tana del Bianconiglio. Muovendosi in orizzonti immaginifici.
A due passi dal sogno. Ma sempre, irrimediabilmente politici nella tensione teorica. Per un lavoro che possiede qualcosa di programmatico (per temi, grammatiche, visioni) rispetto al futuro prossimo del Fontana.
Diego Vincenti