VALENTINA TARANTINO
Cultura e Spettacoli

“Dove si mangia la nebbia“ indaga Alida, fragile e forte

Il nuovo romanzo di Fiorillo e De Bellis, passati dall’antica Roma a Pavia anni ’90

Il nuovo romanzo di Fiorillo e De Bellis, passati dall’antica Roma a Pavia anni ’90

Il nuovo romanzo di Fiorillo e De Bellis, passati dall’antica Roma a Pavia anni ’90

Dalla Roma dell’età di Cesare, ambientazione per i due precedenti romanzi a sfondo storico, Edgardo Fiorillo e Stefano De Bellis passano alla Pavia degli anni ’90, per costruire un giallo a regola d’arte. È “Dove si mangia la nebbia” (Piemme). Tutto inizia con la deflagrazione di un camper: fatalità o delitto? A indagare Alida Savich, magistrata tanto burbera nei modi quanto risoluta nell’agire.

La nebbia assume sin dal titolo e dall’esordio un certo rilievo, che mantiene poi lungo tutto il corso del libro. Come mai?

"La vicenda ha luogo nell’autunno del ’93: allora più che oggi, per la Bassa, la nebbia aveva un che di caratterizzante, quasi distintivo. Abbiamo entrambi conosciuto, durante l’infanzia e la prima giovinezza, la pervasività di questo elemento atmosferico, che arriva a mutare l’aspetto dell’intera città, e non solo visivamente. La nebbia costituisce, nella realtà ma soprattutto nella nostra finzione, una sorta di velo in grado di inibire o falsare la percezione, attutire i rumori, cambiare l’odore dell’aria e, talvolta, far perdere la concezione del tempo".

Questo giallo segna la nascita di un’investigatrice: Alida Savich, soprannominata “mostrino”. Da dove deriva la scelta di dar vita a una protagonista dotata delle sue specificità?

"Alida bisogna immaginarsela come una donnina alta un metro e 55, estremamente minuta, eppure inarrestabile e determinata. A distinguerla non è tanto la finezza d’ingegno, quanto la forza, la caparbietà e il coraggio di superare qualsiasi ostacolo si presenti sul suo cammino, ottenendo alla fine ciò che vuole. Per questo lavorare con lei può essere davvero provante e, non a caso, qualche collega le ha affibbiato il soprannome di “mostrino”. Nonostante ciò, non è una donna immune dalle fragilità: il suo passato è costellato di traumi e il suo presente funestato dalle avvisaglie, sempre più gravi, di una malattia. L’idea di concentrarci su una protagonista del genere deriva, in parte, dalla volontà di ispirarci ai personaggi femminili del nostro libro precedente, “La stagione delle Erinni”. Abbiamo voluto costruire un parallelo tra quelle donne – che, nell’antica Roma, lottavano risolute e aggressive per la propria affermazione – e una donna moderna, che pure si è dovuta scontrare con i pregiudizi di genere del suo tempo e fronteggia ogni giorno le sfide che la vita le presenta".

Il romanzo ha un costante sottofondo musicale: che sia Vivaldi o Tchaikovsky, gli eventi sono scanditi da sonate e composizioni. Perché?

"La musica si lega a doppio filo con la protagonista. Alida ha frequentato il conservatorio e, fino ad alcuni anni prima rispetto agli eventi narrati, suonava il pianoforte. Questo fa sì che il repertorio classico sia per lei una costante, un riferimento mentale sempre presente, quasi involontario. E poi, la musica è legata al concetto di tempo, un altro elemento cardine del romanzo".

Questo è il terzo lavoro nato dalla vostra collaborazione. Come affrontate la scrittura a quattro mani?

"Crediamo che una sintonia di base sia imprescindibile: noi siamo amici dai tempi del liceo. Ma questo non basta: servono delle regole e noi ne abbiamo due che definiamo auree. La prima riguarda il metodo: la progettazione del romanzo deve essere meticolosa e precedere sempre la fase di scrittura. La seconda, poi, vuole che, se ci troviamo in disaccordo su qualcosa e abbiamo visioni opposte, non prevarrà nessuna delle due e si cercherà, insieme, una terza via. Perché, nella maggior parte dei casi, è dalla mediazione che nascono le intuizioni migliori".

Valentina Tarantino