ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Gli Editors al Fabrique: riflettori sul nuovo album "EBM". E sul nuovo tastierista

Il batterista Edward "Ed" Lay: "Con il nostro pop industriale continuiamo a spingerci oltre per suscitare l'entusiasmo dei fan"

Gli Editors

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Milano - Tornano gli Editors con due novità: un nuovo album e un nuovo membro. Domani sera, giovedì 20 ottobre, infatti, sul palco del Fabrique l’osservato speciale è innanzitutto il tastierista Blanck Mass, all’anagrafe Benjamin John Power, nuovo pilastro della band inglese, appena tornata sul mercato con “EBM”, ottavo capitolo di una discografia varata nel 2005. A parlarne è il batterista Edward “Ed” Lay. “Benjamin ha una personalità contagiosa e un modo di porsi davanti alle cose semplicemente travolgente” dice. “Averlo con noi sul palco non solo ci permette di sfruttare appieno lo spettro sonoro delle nuove canzoni, ma anche rinvigorire quelle che suoniamo ormai da 15-20 anni”.

Usciamo da tempi difficili, cos’è cambiato nel gruppo? "Penso che la nostra band non sia mai rimasta ferma, non abbiamo mai avuto un’unica direzione. Abbiamo sempre voluto esplorare nuovi suoni e nuovi modi di scrivere musica. Se tiri una linea da ‘The backroom’, il nostro primo album del 2005, e quest’ultimo penso che la differenza affiori evidente. Siamo sulla strada dal 2002, ma in termini di scrittura ci sentiamo freschi come non mai. Questo perché, pur creando musica per noi stessi, continuiamo a spingerci oltre cercando di fare cose che entusiasmano le persone".

Il vostro frontman Tom Smith ha definito la musica di questo disco “pop industrial”. Concorda? "Completamente. È pop industriale. D’altronde gli Editors sono stati fan della musica pop fin dalla prima ora. E abbiamo cercato di scrivere canzoni che catturassero l’interesse della gente stimolando il desiderio di cantarle assieme. Abbiamo sempre amato pure la musica industriale, quella che ti fa sentire un po’ a disagio".

In concerto eseguite sette canzoni di “EBM”. Pensate bastino a darne una rappresentazione piena? "Decisamente sì. Penso che ci sia un filo di urgenza che lega l’intero disco. A parte un episodio come ‘Silence’, che non abbiamo ancora inserito in scaletta, il disco è molto compatto. Basterebbe, infatti, suonare anche solo una canzone per offrire l’idea esatta di dove si trova la band in questo momento".

Il pubblico è lo stesso ovunque o cambia? "Ovunque notiamo una reazione tra le più eccitanti e vibranti mai avute. Forse perché siamo usciti da due anni di Covid, forse perché il disco funziona, ma respiriamo molta eccitazione attorno a noi. Penso proprio sia il miglior tour che abbiamo mai fatto, un party itinerante di cui ci ritroviamo ogni sera protagonisti".

Quanto incide in questa reazione la fame di musica accumulata negli ultimi due anni? "Molto. Per lo spettatore di questi tempi andare ad un concerto è un investimento emotivo ed economico non indifferente".