ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Milano, alla basilica di San Celso la rassegna di arte e musica diretta da Enrico Ruggeri

Un evento di nicchia che lo vede direttore artistico da domani al 22 ottobre. La kermesse è dedicata a chi ama "pezzi che fanno cultura fuori dai circuiti commerciali"

Enrico Ruggeri sarà direttore artistico

Milano - Spirito e bellezza legano gli eventi di "Impronte", l’incontro tra arte, musica e teatro ideato tre anni fa da Giovanni Favero e Rosy Toma in programma da domani al 22 ottobre nella cornice romanica della Basilica di San Celso. "Penso sia uno dei posti più belli di Milano, tant’è che ci ho girato pure il video di una mia canzone, “Parte di me“", ammette Enrico Ruggeri nei suoi panni di direttore artistico e protagonista di numerosi degli incontri in programma. "Il posto è molto piccolo e destinato, quindi all’élite di quanti riusciranno a prenotarsi per primi. L’obiettivo pure di questa edizione è la trasversalità tra tutte le arti.

Ci saranno installazioni, sculture, la parola, i libri, la musica. Anche se mi sento un po’ Yokoi, l’ultimo giapponese ad arrendersi quando la guerra era già finita da un pezzo, continuo a parlare di cultura. Una cultura non paludata, però. Anzi, uno spettacolo della cultura e un incontro tra le varie forme d’arte. Fra gli ospiti Andrea Mirò, Saturnino Celani, Massimiliano Cividati, Luca Ghielmetti, Ronnie Jones, Michele Fazio, il giornalista Ezio Guaitamacchi.

"Tutte persone che hanno molto da raccontare" dice Ruggeri. "Andrea Mirò fa un sacco di concerti e di altre cose anche senza avere necessariamente in classifica il disco che funziona. Pure Saturnino che fa cose fuori del circuito tradizionale, grazie anche al fatto di essere il musicista più rappresentativo della band che accompagna una multinazionale del danaro come Jovanotti. E così Ronnie Jones.

Ghielmetti è, invece, un grandissimo cantautore che fa anche il farmacista a riprova del fatto che, come temo, la musica di valore la faranno sempre più quelli che hanno una base economica. Si tornerà, insomma a quando, come nel Medioevo, i cantori erano figli della borghesia che allora rappresentava il due per cento della popolazione. Insomma, la musica che conta arriverà sempre più da quelli che possono permettersi di non assecondare il mercato.

Il ragazzino che arriva dalla periferia romana con famiglia a carico è giusto che insegua la hit per tirarsi fuori dalle difficoltà. Non possiamo chiedere a lui d’indicare la strada. La strada la possono indicare quelli come me, che hanno avuto la fortuna di vivere un periodo storico della canzone nel quale le cose di valore venivano pagate tanto. Oppure chi sta bene economicamente e non ha conti da far quadrare".