DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Esplorando il lato oscuro di Molière. Tartufo, il fascino dell’impostore

Michele Sinisi al Fontana mette in scena la commedia “dark“ del maestro francese del Seicento "È un truffatore o un eroe? Forse alla fine è l’esistenza ultima del male. Che va cercata dentro di noi".

Michele Sinisi al Fontana mette in scena la commedia “dark“ del maestro francese del Seicento "È un truffatore o un eroe? Forse alla fine è l’esistenza ultima del male. Che va cercata dentro di noi".

Michele Sinisi al Fontana mette in scena la commedia “dark“ del maestro francese del Seicento "È un truffatore o un eroe? Forse alla fine è l’esistenza ultima del male. Che va cercata dentro di noi".

Un classico. Dal titolo un po’ bizzarro. Nel repertorio molieriano rimane fra le commedie più amate. Anche perché spesso se ne prediligono le sfumature farsesche. Tuttavia “Il Tartufo” possiede un potenziale buio sottopelle. Ambiguo. Fosse solo per l’oggettivo fastidio che provoca il protagonista, un manipolatore facile al ricatto, che si finge pio e devoto per approfittarsi della benevolenza di Orgone, suo generoso ospite.

Ed è dalle parti di quel lato oscuro che si muove Michele Sinisi. Il cui stretto (strettissimo) dialogo con la tradizione lavora su una stratificazione di senso, dalla natura post-moderna. Dove l’impeto poetico s’intreccia al dettaglio greve; la visionarietà alla parola inquinata, ibrida, non solo dal punto di vista dialettale.

Da tempo Elsinor sta puntando sul suo teatro, su questa prosa ripensata, quasi sempre corale, che ha portato ad alcuni titoli piuttosto fortunati: “Tradimenti”, “Sei personaggi”, “Miserieria & nobiltà”. Incuriosisce allora “Tartufo”, da oggi (martedì 14 gennaio) in prima nazionale al teatro Fontana. Repliche poi fino al 26 in via Boltraffio. Con in scena più o meno la solita squadra che accompagna il regista pugliese, di nuovo sul palco insieme a Stefano Braschi, Gianni D’addario, Sara Drago, Marisa Grimaldo, Donato Paternoster, Bianca Ponzio, Marco Ripoldi e Adele Tirante.

"Chi è Tartufo, un truffatore o un eroe? – si domanda Sinisi – Un sant’uomo, come vuole il padrone di casa, o un impostore, come ripete il resto della famiglia che lo ospita? Il suo ingresso, all’inizio del terzo atto, fa l’effetto di un’apparizione insolita capace di zittire l’intera casa, arrestare il ritmo della commedia. Lo spazio sembra ingrandirsi per contenere, insieme alla nostra curiosità, le poche, lente, sillabe dell’ospite che non abbiamo mai visto ma che è stato preceduto dalle tante parole dette su di lui. Forse alla fine è l’essenza stessa, ultima e malata, del male. Ma per cogliere la natura di questo personaggio dobbiamo cercarla dentro di noi".

Castello di menzogne. In una cornice di feroce critica sociale. Tanto che all’epoca la corte s’irrigidì non poco per questa vicenda che per il resto ha tutti gli ingredienti classici del caso: una figliola da maritare, il gioco degli inganni e dei fraintendimenti, le discussioni sull’eredità. Ma quando finalmente entra Tartufo, è come se si accendesse una luce d’ombra su ogni cosa. E all’improvviso non è più tanto semplice distinguere il bene dal male. Il vero dal falso.