Per il mondo della musica l’anno passato sarà ricordato anche per il ritorno alle scene di Francesco Libetta. Fra i maggiori pianisti internazionali, un talento fuori del comune, ha iniziato un percorso con la musica di Ezio Bosso. Per omaggiare l’artista scomparso in collaborazione con la famiglia Bosso e con Sony Music Libetta ha ideato il progetto “Lighting Bosso”, una serie di concerti e incisioni importanti con brani di Bosso; è uscito da poco l’ultimo album di Libetta “Chopin selon Chopin” (Sony). Uomo schivo e profondo, vive fra Milano e la provincia di Lecce, dove è nato, Francesco Libetta racconta.
Maestro, un ritorno alle scene e a Frederic Chopin, sua passione. "Come in tutti i grandi amori, facciamo giri enormi, finché torniamo da dove eravamo partiti. Per fortuna nel mondo dell’arte i nostri amori possono convivere pacificamente. Senza le eleganze e le suggestioni di Chopin il lavoro di un musicista non sarebbe la stessa cosa. È bello suonare per sé stessi, ed è bello offrire musica a sconosciuti che così scoprono cose in comune".
Perché ha sentito il bisogno di stare lontano dal palcoscenico? "Sono stati anni di lavoro. Ho tenuto pochi concerti, ho approfondito un mio repertorio e un mio approccio alla musica. Attività spesso non convenzionali, sempre per me coinvolgenti, sicuramente formative. Usciranno in digitale molte delle registrazioni che ho potuto realizzare anche durante la pandemia, sui miei strumenti, antichi e moderni, con amici illustri: i pezzi di Chopin con violoncello li ho registrati con Giovanni Sollima".
Cosa crede di avere ricevuto maggiormente da Chopin? "Chopin vive una musica guidata “da dentro”, sublimando con fantasia e coerenza il momento dell’improvvisazione, dell’istante irripetibile, nella libertà di un istinto sincero".
Vive fra Milano e la Puglia. Quale luogo non riesce ad abbandonare? "Anno dopo anno, ci lasciamo alle spalle tante situazioni, spesso definitivamente. Ma ai luoghi si può tornare. L’Italia ci offre il privilegio di combinare situazioni sociali, paesaggistiche, storiche. Come se Venezia, Catania, Firenze e Napoli fossero quartieri della mia città, mi sposto molto. A Milano incontro amici stupendi e ascolto musica fatta benissimo. I grandi alberi davanti alla finestra di casa mi tengono compagnia mentre scrivo, la sera posso registrare Mozart con il suono delicatissimo del clavicordo decorato da Iacurci. Al tempo stesso, ho pubblicato scritti e registrazioni sulla musica locale pugliese, e c’è ancora uno spazio per lavorare bene, su nomi come Mercadante e Leo, con realtà come la Fondazione Grassi di Martina Franca. E poi, spostare dalla Puglia la sezione locale della mia biblioteca, che parte da manoscritti di metà Settecento, ed è forse il più rilevante tra i fondi musicali salentini sopravvissuti fino a oggi, ne snaturerebbe il carattere storico. Come per i miei dischi, che includono registrazioni dal vivo tuttora inedite di Tito Schipa".
Pianista, compositore e scrittore. Cosa dà ogni espressione artistica alle altre? "Alcuni linguaggi sono per idee collettive, altri per emozioni più effimere, o frivole, inquietanti, formative. Per suonare il pianoforte occorre amare una disciplina “sportiva”, del far musica, bisogna viaggiare, decidere l’aspetto finale del suono. Un compositore progetta, poi si affida ad altri musicisti. Uno scrittore evidentemente non ha bisogno che ci sia un lettore lì in quel momento, come invece accade a chi suona".
Crede nel caso e nel destino? "Il caso è come la forma della nuvola o di una costellazione: posso riconoscere un cavallo o un volto, ma non perché qualcuno ce l’ha messo: sono io a pensarlo. Con il senno di poi leggiamo un Destino. Anche queste sono forme di interpretazione".
Tornasse indietro cosa non rifarebbe e viceversa? "Nella vita si ha una sola possibilità di vivere ogni istante; e la cosa bella dell’arte è proprio il poter meditare e riprovare le emozioni, le situazioni. Come quando alla fine delle prove la regia di una scena teatrale diventa perfetta. Magari potessimo tornare indietro anche fuori dal palcoscenico! La nostra vita diventerebbe un’opera d’arte; qualsiasi cosa scegliessimo di fare potrebbe comunque risultare meravigliosa".