
Gabriele Salvatores nei primi anni 70 e adesso
Milano – La sua ultima fatica è il “Ritorno di Casanova”, film con Fabrizio Bentivoglio e Toni Servillo (molto) liberamente ispirato all’omonimo libro di Arthur Schnitzler: un lavoro importante che segna un traguardo storico per Gabriele Salvatores. È infatti il suo 20° film da regista e segna il 40° anno di attività professionale. Per presentare la pellicola e tracciare un bilancio di questi 40 anni di cinema Salvatores è ospite stasera di “Che tempo che fa” su Raitre.
Villa Arconati e il panico dell’esordio
Era infatti il 1983 quando il 33enne Gabriele Salvatores, fino a quel punto regista teatrale e fondatore del Teatro dell’Elfo (ancora oggi punto riferimento non solo milanese), esordiva al cinema con “Sogno di una notte d’estate”. Un musical sperimentale di chiaro stampo teatrale, ispirato alla quasi omonima commedia di Shakespeare, girato interamente all’interno di Villa Arconati a Castellazzo di Bollate. C’erano attori già affermati come Alberto Lionello, Erika Blanc, Luca Barbareschi, Flavio Bucci e Alessandro Haber, ma anche giovani sconosciuti che lo accompagneranno poi lungo la sua carriera dietro la macchina presa come Giuseppe Cederna e Claudio Bisio. A proposito del film Salvatores ha raccontato di essere arrivato quasi del tutto impreparato alle riprese e di aver vissuto momenti di panico di fronte al trambusto di attrezzature, comparse, luci, truccatori.
La casa in via Solari
Quando il film Salvatores uscì era già da anni molto attivo in città, protagonista della scena indipendente, quella che viveva in osmosi con le formazioni politiche più estremiste, la cosiddetta autonomia. Nato a Napoli nel 1950, era arrivato a Milano nel 1956, quando aveva solo 6 anni: la famiglia aveva assecondato le necessità professionali del padre avvocato, che sotto la Madonnina aveva trovato più occasioni di lavoro.
La prima casa fu in via Solari, adesso zona “fighetta” e dai costi inavvicinabili ma allora, sul finire degli anni 50, piena periferia, al confine con quello che ancora sopravviveva delle realtà agricole intorno alla città. “Avevamo le pecore che venivano a brucare sotto casa”, ha raccontato il regista.
Dal Napoli all’Inter
Di quei primi anni da immigrato Salvatores ha pochi ricordi ma non dimentica – ha detto in varie interviste – il clima di ostilità verso i meridionali, i cartelli “non si affitta ai meridionali” e gli insulti verso chi, come suo padre, aveva l’accento napoletano. L’origine napoletana è sopravvissuta in qualche modo nella scelta della squadra del cuore: “Da piccolino tifavo Napoli, ma alle elementari cambiai e scelsi l’Inter perché aveva nella maglia un po’ di azzurro del Napoli”.
La chitarra elettrica
Il clima antimeridionale non gli impedisce comunque di seguire le sue passioni, ad iniziare dalla musica. “Con molta fatica riuscii a comprarmi una chitarra elettrica e a convincere mia madre che non avrei preso la scossa. Mettemmo su un gruppo, suonavamo – al gelo – nel deposito dell’ortomercato alla sera. Hendrix e i Cream soprattutto”.
La comune dell’Elfo
Dalla musica il giovane Salvatores “migra” verso il teatro e, nel 1972, con Elio De Capitani fonda una delle istituzioni culturali cittadine: il teatro dell’Elfo. “Fu innanzitutto una scelta politica. Eravamo una vera e propria comune. Vivevamo insieme nella stessa casa, ci scambiavamo anche i fidanzati e le fidanzate”. Quella dell’Elfo per Salvatores è un’esperienza fondamentale sia perché gli insegna come dirigere gli attori sia perché – ha raccontato – “È l’unica utopia che ho realizzato in vita mia”.
Kamikazen e l’incontro decisivo
Dopo il teatro arriva il cinema, prima con l’esordio figlio dell’esperienza teatrale del “Sogno di una notte d’estate”, poi il primo “vero” film: Kamikazen, ultima notte a Milano (1988), che racconta le vicende di uno strampalato gruppo di comici alle prese con un’improbabile spettacolo e il miraggio di un contratto per il Drive In. In questa seconda pellicola salgono a bordo della nave di Salvatores, altri attori destinati ad accompagnarlo nei successi futuri, Gigio Alberti, Antonio Catania e soprattutto Diego Abatantuono, con il quale nascerà una lunga e solida amicizia, che dura ancora oggi. Tra gli interpreti del film ci sono però anche Paolo Rossi, David Riondino, Bebo Storti, Nanni Svampa e due giovanissimi Aldo e Giovanni.

La trilogia della fuga e l’Oscar
La svolta arriva l’anno successivo con la prima pellicola della “trilogia della fuga”, ‘Marrakech Express’ (1989), al quale prenderà parte anche Fabrizio Bentivoglio. Un film generazionale che conta ancora adesso schiere di cultori che ne recitano a memoria intere parti. Segue poi ‘Turné’ (1990), con Abatantuono, Bentivoglio e Laura Morante, e il film dell’affermazione internazionale ‘Mediterraneo’ (1991), vera summa della poetica di Salvatores che mescola – in maniera molto milanese – impegno politico, ironia, disillusione e, ancora una volta, la fuga come valore etico e necessità esistenziale. Il film gli vale l’Oscar come migliore film straniero, consacrandolo come uno dei più importanti registi italiani.

La donna “contesa” con Abatantuono
Il periodo di ‘Mediterraneo’ rappresenta anche la svolta sentimentale per Salvatores: da tempo conosce e collabora infatti con la scenografa Rita Rabassini, compagna e poi moglie – tra il 1984 e 1987 – del suo grande amico Diego Abatantuono, con il quale ha anche una figlia Marta. Intorno al 1990 il regista inizia con Rabassini una relazione che prosegue tutt’ora. Una relazione che non ha incrinato i rapporti tra i due amici, che collaboreranno ancora in tanti film e che fondano insieme anche una casa di produzione, la Colorado Film. “Voglio un bene dell’anima a Gabriele – ha detto Abatantuono – Sta con la mia prima moglie e ha contribuito a tirare su la figlia che è nata dal nostro matrimonio”.
La nuova candidatura agli Oscar
Dopo il successo planetario di ‘Mediterraneo’, Salvatores ha realizzato altri 15 film: ‘Puerto Escondido’ (1992), ‘Sud’ (1993), ‘Nirvana’ (1997), ‘Denti’ (2000), ‘Amnèsia’ (2001), ‘Io non ho paura’ (2003), tratto dal best seller di Nicolò Ammaniti che gli vale una nuova candidatura agli Oscar, ‘Quo vadis, baby?’ (2005), ‘Come Dio comanda’ (2008), ancora tratto da Ammaniti, ‘Happy Family’ (2010), ‘Educazione siberiana’ (2013), ‘Il ragazzo invisibile’ (2014), ‘Il ragazzo invisibile - Seconda generazione’ (2018), ‘Tutto il mio folle amore’ (2019), ‘Comedians’ (2021) e, l’ultimo ‘Il ritorno di Casanova’ (2023) nelle sale in questi giorni.