"Guardo le mie vecchie reflex e penso a quanta gente è passata attraverso quegli obiettivi, famosa come Bob Marley o David Bowie, ma anche comune, con cui mi sono trovato ad incrociare un attimo di vita in cinquant’anni e passa d’attività". Accade sempre così. Tu vai a vedere le foto di Guido Harari, ma in realtà sono loro a guardare te. Provare, per credere, con “Occhi di Milano”, la mostra che lo riporta dal 6 dicembre al 19 gennaio 2025 alla Fabbrica del Vapore un anno dopo “Incontri”. Gli scatti riguardano non solo milanesi noti, come Elio, Cochi e Renato, Ornella Vanoni, Paolo Jannacci, il Teatro dell’Elfo, ma soprattutto gente comune, grazie a due progetti legati tra loro: “Caverna Magica” e “Ritratti sospesi”. “Caverna Magica” consiste nella realizzazione di ritratti prenotabili su un sito dedicato (www.cavernamagicaharari.com) grazie ai quali è poi possibile finanziare la realizzazione di una serie di “Ritratti sospesi”, realizzati e donati alle persone di cui si occupano organizzazioni di Terzo Settore attive su Milano. Tra queste Vidas, Pizzaut, ma anche la Casa dell’Accoglienza “Enzo Jannacci” e il Progetto Arca.
“Occhi di Milano” riparte da lì.
"Sì, perché questa sezione faceva parte della mostra di un anno fa, quando, dopo una settimana, prima mi sono rotto un braccio e poi sono stato investito da un’auto, non potendo così renderla viva e in progress come avrei voluto. Così, con Maria Fratelli, direttrice della Fabbrica, s’è pensato di recuperare e rilanciare questa parte dedicata ai ritratti sociali".
Cosa cambia rispetto all’anno scorso?
"La mostra antologica, quella coi ritratti di musicisti, scrittori, attori, non c’è. C’è solo lo sviluppo di quell’ultima sala che, a causa delle mie disavventure, non ha potuto svilupparsi come l’idea dell’istallazione in continuo divenire prevedeva".
In continuo divenire come?
"Alla Sala delle Colonne avremo una parete di 20 metri col faccione di Elio che piano piano si riempirà di ritratti fino a lasciare visibili solo quei suoi occhi a cui fa riferimento il titolo della mostra".
Col pensiero ai suoi scatti più famosi quali sono quelli che stimolano di più la curiosità dei visitatori?
"Il ritratto di Lou Reed e Laurie Anderson, ad esempio, perché nella sua semplicità e immediatezza racconta un grande amore creando identificazione in tutti quelli che si vogliono bene. Tant’è che nella Caverna ogni tanto arriva qualche coppia che mi chiede uno scatto di quel tipo".
Altri?
"Fabrizio De André che dorme disteso a terra con la schiena rivolta verso il termosifone, Paolo Conte coi suoi kazoo, Leonard Cohen o quel Vasco con le mani davanti al volto che è la mia foto più tatuata; per quanto ne so, sono almeno cinque o sei ragazzi che se la portano sulla schiena o sulla gamba". Andrea Spinelli