Il male nella scrittura: Paola Barbato si racconta: "Dormo con una bambola, mi ripara dalla paura"

La scrittrice Paola Barbato racconta il suo nuovo romanzo e il processo creativo che l'ha guidata, svelando le sue emozioni e riflessioni sulla scrittura e sull'Intelligenza Artificiale.

Il male nella scrittura: Paola Barbato si racconta: "Dormo con una bambola, mi ripara dalla paura"

La scrittrice Paola Barbato racconta il suo nuovo romanzo e il processo creativo che l'ha guidata, svelando le sue emozioni e riflessioni sulla scrittura e sull'Intelligenza Artificiale.

"Ero timidissima: facevo fatica a parlare, facevo fatica in tutto. Allora ho cominciato a scrivere". Ricorda così i suoi inizi Paola Barbato, scrittrice e fumettista da poco in libreria con il suo ultimo romanzo, La torre d’avorio, edito da Neri Pozza.

Nata a Milano nel 1971 e compagna dello scrittore Matteo Bussola, collabora dal 1999 alla serie Dylan Dog. Dal 2006 ha scritto più di dieci fra romanzi e racconti thriller: nell’ultimo narra la storia di Mara Paladini, una donna che cerca di scappare dal proprio passato rinchiudendosi in una prigione di scatoloni e memorie, dopo aver scontato 13 anni in una struttura psichiatrico-giudiziaria per il tentato omicidio del marito e dei figli.

In passato ha detto che alcuni suoi libri nascono da una suggestione, altri da un’urgenza o un equivoco. E questo?

"In genere mi lascio portare dalla corrente, ma questa volta ho fatto un ragionamento lucido. Avevo già iniziato un altro libro, quando ho ricevuto la notizia che sarebbe uscito un film dal mio secondo romanzo, Mani nude, che ha qualche punto di contatto con quello che stavo scrivendo. Allora l’ho lasciato in sospeso e ho deciso di retrocedere da quell’opera, circoscrivendo tematiche nuove".

Ad esempio?

"Lì il protagonista è un ragazzo di 16 anni, qui ho scelto una donna di mezz’età. Poi a furia di allontanarmi ho pensato a una figura colpevole protagonista e alla colpevolezza all’interno di un nucleo familiare, temi che non avevo ancora sviluppato".

Anche questo libro l’ha coinvolta emotivamente come è accaduto con gli altri?

"Mi hanno commosso tre o quattro passaggi: sono i momenti in cui le persone sono costrette ad arrendersi di fronte a ciò che sono. Questi momenti li vivo anch’io: tante volte mi auguro di avere avuto un upgrade dal punto di vista morale e poi scopro che non è così".

Rivede in Mara alcune di queste sue caratteristiche?

"C’è una parte di me nel modo in cui esprime la maternità. Ma un altro personaggio, Moira, è forse la donna che aspiro a essere, sebbene sia una criminale: è onesta, si conosce perfettamente e non ha paura di niente, mentre io ho paura di tutto".

Anche lei ha sua una torre d’avorio in cui rifugiarsi?

"Purtroppo no, ma sto recuperando alcuni giocattoli della mia infanzia: ho ritrovato una bambola come quella che ho dato via quando avevo 7-8 anni, e a volte ci dormo insieme. Quindi il mio posto sicuro sono forse gli oggetti che mi ricordano la sensazione di sicurezza".

E la scrittura?

"È una bocca aperta piena di denti. Quando scrivo sono senza armatura, come una lumaca senza guscio: è un luogo in cui posso farmi malissimo, ma è quello cui appartengo".

La scrittura verrà soppiantata dall’Intelligenza artificiale?

"Per me l’IA è un grande bluff. Continueranno a usarla, ma passerà di moda, come l’autotune: ciò che crea l’essere umano è sempre più interessante".

Thomas Fox