STEFANIA CONSENTI
Cultura e Spettacoli

Il mondo di Maurizio Galimberti, la Polaroid al collo fa miracoli: "Cerco di catturare le fragilità"

Il fotografo si racconta in un libro con Denis Curti: dall’infanzia in orfanotrofio agli scatti dei vip "Vedevo l’esterno dalle grate delle finestre, era come un mosaico che mi sono portato dentro"

Il fotografo si racconta in un libro con Denis Curti: dall’infanzia in orfanotrofio agli scatti dei vip "Vedevo l’esterno dalle grate delle finestre, era come un mosaico che mi sono portato dentro".

Il fotografo si racconta in un libro con Denis Curti: dall’infanzia in orfanotrofio agli scatti dei vip "Vedevo l’esterno dalle grate delle finestre, era come un mosaico che mi sono portato dentro".

Milano – Dell’infanzia in un brefotrofio non ha dimenticato le grate alle finestre che gli facevano vedere il mondo come un mosaico. Che sono poi diventate il suo "marchio di fabbrica", un modello espressivo della sua fotografia, il procedimento col quale l’artista scompone un soggetto, sempre con la sua amatissima Polaroid, per poi ricomporne i dettagli. "La vita mi ha tolto molto ma mi ha poi restituito tutto con gli interessi". Maurizio Galimberti, 68 anni non ha manie da divo eppure potrebbe "tirarsela". Invece, comincia a raccontarsi cosi: "Sino a 35 anni ho fatto il geometra".

E dopo?

"È venuta la parte più interessante. Fui adottato, nel 1961, a cinque anni, e con una famiglia alle spalle (mio padre aveva un’impresa edile), ho potuto coltivare la mia passione. Vi racconterò tutto, in dialogo con il mio amico Denis Curti, co-curatore del volume (1 febbraio, Museo Rovati ore 17). Il mosaico del mondo (Marsilio editore)".

La consacrazione internazionale avviene con il famoso ritratto di Johnny Depp. Ne ha fatti molti altri, da Lady Gaga a Robert De Niro, ricordi particolari?

"Beh tantissimi. Appoggio la macchina Polaroid in faccia e non tutti gradiscono. George Clooney l’ha presa sportivamente, si è messo a ridere: “Sembra una Tac“. Con Sabrina Ferilli non è andata bene, non mi ha guardato nemmeno in faccia, eppure la foto non era male. C’è stato poco feeling anche con Luisa Ranieri. Lady Gaga? Molto professionale".

Depp?

"L’ho fotografato in occasione della mostra del Cinema di Venezia per conto di Foto Movie. Ho rischiato di non farla quella foto, avevo le pellicole contate perchè chi me le doveva portare è caduto in acqua con il trolley".

Ha cominciato da piccolo a guardare il mondo a quadretti. L’incontro con la Polaroid quando è avvenuto?

"Nell’88 feci una mostra a Vicenza, per principianti, e fui notato da alcuni dirigenti della Polaroid, fra i quali Achille Saporiti e il fotograto Mino Migliori. Mi chiamarono subito. Ho iniziato per loro facendo immagini molto artistiche con le pellicole che usavo, le integrali. Dal 1992 sono fotografo a tempo pieno".

Il complimento più bello che ha ricevuto in tutti questi anni?

"Dal fotografo dei Rolling Stones, Michael Putland. Quando ha visto il mio lavoro mi ha detto: “ho sempre amato Andy Warhol ma da oggi amo Galimberti“. Propose al Times il mio servizio e sono finito in copertina. È come aver ricevuto l’Oscar. Dagli Abba a Lennon e Zappa, Putland li ha incontrati quasi tutti. Che scatti memorabili ha fatto!".

Il mondo vive un momento di estrema fragilità, lei l’ha indagata nella malattia.

"Nei momenti difficili dovremmo rifarci al passato. Purtroppo non si sono più figure autorevoli, non abbiamo un Pasolini, non vedo un Montale. E i social sono diventati un ring, dal quale è meglio stare stare lontani".

Un sogno da realizzare?

"Fare una grande mostra al Moma, a New York. Credo di meritarmela".