MARCO MANGIAROTTI
Cultura e Spettacoli

Ivan Graziani, rock e ballate di un artista libero e geniale

Vent'anni dalla sua morte per ricordare e capire, “Rock e ballate per quattro stagioni” (Sony) è un triplo cofanetto che cerca di fare il punto su Ivan Graziani

Ivan Graziani

Milano, 16 febbraio 2017 - Vent'anni dalla sua morte per ricordare e capire, “Rock e ballate per quattro stagioni” (Sony) è un triplo cofanetto che cerca di fare il punto su Ivan Graziani, dopo due dischi fondamentali, “Ivan in jazz” e “Tributo a Ivan Graziani” di Marlene Kunz, Simone Cristicchi, Cristina Donà, Marta sui Tubi, Mauro Ermanno Giovanardi, Raiz, Tre Allegri Ragazzi Morti fra gli altri. Progetto da collezione e contenuti, con 46 canzoni in 3 Cd, due antologici e “Per Sempre Ivan”, nella sua grafica e contenuto originali, il disco postumo prodotto e realizzato da Renato Zero. Undici tracce, “Vita”, i duetti con Antonacci (“Porto Canale”), Baroni con Tozzi (“È stato un viaggio”) e Zero con Venditti (“Foto di gruppo”). Rarità come “Ugo l’Italiano” e l’introvabile “Canzone senza inganni”, scritta e interpretata con Ron e Goran Kuzminac (Q-Disc Rca), “Il tamburino”, l’unica “cover” di Ivan da “The little drummer boy”. Ivan grafico, fumettista e illustratore è presente con disegni originali, Tonino Guerra firma un pensiero, John Vignola un’interessante presentazione che sottolinea il suo mondo di ballate, rock (e canzoni), una diversità opposta a quella di Rino Gaetano. Il suo passaggio dalla Numero Uno di Battisti e Mogol e il suo stile chitarristico ricorda la parte più selvatica di Lucio, acustico elettrico. L’ho incontrato con “Parla tu” dell’Anonima Sound, lato B di “Fuori Piove” (Cantagiro 1968). Il doppio registro della voce, implacabile ascensore verticale, la felicità assoluta dell’invenzione melodica, sempre originale e spiazzante, il chitarrismo potente, acustico elettrico, la sua allergia alle metropoli, le sue storie identitarie di provincia. Alternativo e indifferente alle mode. Precursore di stili.

Profeta di un punk ruspante, chitarrista solitario, impetuoso, coinvolgente e respingente. Ivan era diffidente, ce l’aveva con i giornalisti ed il mondo, senza rendersi conto che la sua purezza, la sua furia, potevano non essere capiti prima che dai critici dalla gente. “Trench” è uno strumentale che apre al jazz rock, il suo orizzonte era totale e geniale. Ma ruvido e grezzo, a volte, per scelta. Non voleva piacere a tutti i costi, ma era capace di grandi arrangiamenti, come “Signorina”. Poi “Lugano addio” è un’invenzione sublime, “Monna Lisa” un manifesto come “Pigro”, “Doctor Jeckyll e Mr. Hyde” una chitarra in piena. Chiudo con la definizione di Paolo Talanca, autore del libro “Il primo cantautore rock”: dannunziano rivoluzionario. Ma avanti rispetto all’orologio del tempo, quindi non decadente ma futurista.